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Navalny, tribunale russo vieta attività dell'organizzazione: "E' estremista"

A stretto giro è arrivato il commento dell'attivista che ha fatto sapere che non si tirerà indietro. Londra: "Bando kafkiano". Washington: "Inquietante"

Ansa

Un tribunale di Mosca ha bollato come "estremiste"' le organizzazioni politiche guidate dal dissidente russo Aleksey Navalny, vietando ogni attività e rendendo il personale passibile di procedimenti penali. In una dichiarazione il tribunale ha spiegato che i gruppi fondanti dall'attivista sono banditi con effetto immediato per avere "diffuso informazioni che incitavano all'odio e al disprezzo contro i funzionari del governo".

Navalny: "Non ci tireremo indietro" Il dissidente russo ha commentato la decisione del tribunale di Mosca affermando che "non si tirerà indietro" . "Ci gestiremo, ci evolveremo, ci adatteremo. Ma non ci tireremo indietro rispetto ai nostri obiettivi e alle nostre idee. Questo è il nostro Paese e non ne abbiamo altri", ha scritto Navalny sul suo account Instagram dopo l'annuncio della decisione.

Londra: "Bando organizzazione è kafkiana e perversa" Il ministro degli Esteri britannico, Dominic Raab, ha definito "perversa" la sentenza del tribunale russo che ha messo fuori legge le organizzazioni politiche del leader dell'opposizione Aleksey Navalny. "E' un altro attacco kafkiano contro coloro che si battono contro la corruzione e per società aperte ed è un tentativo deliberato di mettere al bando la vera opposizione politica in Russia".

Usa: "Bando è inquietante" Gli Usa hanno condannato la decisione "particolarmente inquietante" della giustizia russa di designare come "estremisti" i gruppi dell'organizzazione di Aleksey Navalny e hanno chiesto la liberazione "immediata e incondizionata" dell'oppositore. "Questa decisione mette i dipendenti, i volontari e i simpatizzanti in tutta la Russia sotto la minaccia di procedimenti penali e di incarcerazione per l'esercizio dei diritti umani fondamentali garantiti dalla costituzione russa", ha denunciato il portavoce della diplomazia americana, Ned Price.

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