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Babila Spagnolo: "Layla è un’azienda inclusiva dove nulla è impossibile o vietato"

Babila Spagnolo, Amministratore Delegato di Layla Cosmetics, racconta a Tgcom24 la sua storia

Forte, tenace, determinata e sensibile: è Babila Spagnolo, oggi a capo di Layla Cosmetics, la storica azienda milanese, prima in Italia a produrre smalti per unghie.

Babila Spagnolo, Amministratore Delegato di Layla Cosmetics

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Babila, sei una donna e un’imprenditrice di successo: questione di DNA?
Forse. Ma forse anche figlia degli eventi. Mio nonno, calabrese, a sedici anni decise di imbarcarsi come mozzo per raggiungere gli Stati Uniti. La tratta era Napoli- New York, ma la nave ebbe un’avaria, per cui dovette forzatamente sostare nella città americana e lui vi restò due anni; trovò lavoro in uno stabilimento di smalti per unghie e imparò i segreti del mestiere. Al suo ritorno in Italia decise di fermarsi a Milano e mise in piedi una fabbrica di smalti. Arrivò per primo: era il 1936.
 
La chiamò Layla, un nome inusuale.
Era quello della sua prima fiamma, ragione per la quale mia nonna non lo amò mai particolarmente… ma tant’è. D’altra parte, mio nonno aveva un carattere forte e accentratore: non condivise mai quel che c’era da sapere sull’attività con nessuno, nemmeno con le sue figlie. Disegnò lui stesso la boccetta in vetro che contiene lo smalto, con uno stile ricercato che è diventato iconico e che per scelta non abbiamo mai cambiato, anche se nel frattempo nel contenuto abbiamo inserito tutta la tecnologia possibile, perfino nella bocca del flacone, diversa da tutte le altre, ideata e studiata per garantire allo smalto una più lunga integrità e conservazione. In ogni caso, questa è la storia che io voglio portarmi dietro e mi piace anche l’idea che il nostro flacone sia un po’ vintage.
 
Come sei arrivata a prendere in mano le redini dell’azienda?
Alla morte di mio nonno, nel 1977, toccò a mia madre farsi carico di portare avanti l’azienda, ma senza alcuno strumento, visto che mio nonno non le diede mai neppure le formule dei prodotti. Fu durissima: era giovane, sola e dopo poco arrivai io, mentre mio padre se ne andò quando ero piccolissima. Mia madre è stata una donna eccezionale ed io ho vissuto la sua fatica, la sua dedizione e il rispetto verso il lavoro: ricordo ancora quando, bambina, attendevo a casa il suo rientro alla sera e magari alle nove ancora non aveva terminato di lavorare. Iniziai prima possibile a far pratica in azienda: dapprima davo una mano nel confezionare i prodotti, poi pian piano sono cresciuta occupandomi via via di tutti i settori e avendo una visibilità diversa su ogni attività. Come Export Manager per dodici anni ho viaggiato tantissimo, poi per ulteriori cinque mi sono occupata delle Vendite Italia e, dal 2018, cioè da quando mia mamma è mancata, ho assunto la totale responsabilità di Layla. In definitiva, posso dire che Layla sono io: sono un’accentratrice e tenuto conto che sono a capo di Layla da relativamente poco tempo, è importante per me andare a fondo delle cose, capire tutto molto bene. Sono io che decido, perché se perdo il filo non mi ci raccapezzo: voglio seguire tutto e, anche se mi fido del mio staff, non voglio perdere niente di quello che accade in azienda.
 
In tutto questo non hai trascurato la vita privata.
Io e mio marito Alessandro, attualmente direttore della produzione e sviluppo prodotti, stiamo insieme da oltre vent’anni e anche il nostro incontro lo devo a mia mamma. Fu lei, infatti, a fargli un colloquio per un posto di lavoro: cercavano un giovane perito chimico, lui aveva appena piu’ di vent’anni e si propose . Lei lo scelse e lui iniziò la sua carriera in azienda nel ’97. Due anni dopo, arrivai nel settore della produzione di rossetti e fu un colpo di fulmine; iniziammo a frequentarci di nascosto, ma mamma lo venne a sapere e cacciò via entrambi. Tuttavia, superammo anche questa prova e, dopo essersi accertata dei nostri sentimenti, la mamma ci fece rientrare in azienda. Un’esperienza difficile e molto dura, ma queste situazioni mi hanno reso ancor più forte ed oggi posso affermare con serenità che so vivere nel mondo senza paura: a mia madre devo anche questo.
 
Dal 2018 ad oggi comunque c’è stata di mezzo la pandemia, non cosa da poco.
E’ stato veramente difficile, ma ho deciso di comunicare la bellezza anche durante un periodo così particolare e drammatico mettendomi in gioco in prima persona. Mi sono stufata dello stereotipo della donna bellissima con le forme perfette, inarrivabile e algida: preferisco le donne autentiche, credo nei gruppi di donne che si aiutano a vicenda. Per questo motivo, nel bel mezzo del primo lockdown, a marzo 2020, ho creato una community di donne dove ciascuna può chiedere consigli, confrontarsi e trovare delle amiche. “Le bimbe di Layla” sono le donne che si fidano di me, che sono l’espressione dell’azienda, che le aiuta nei momenti di difficoltà. Affermare che “non ce la farò mai” dal mio punto di vista non esiste, perché tutto è possibile, basta provarci: anche indossare le ciglia finte o coprire occhiaie profonde, oppure applicare correttamente l’eyeliner o valorizzare il proprio aspetto dalle curve generose.
 
Il tuo è un lavoro fatto di cuore e passione.
Layla è un’azienda di 86 anni con un’identità ben precisa: io sto cercando di renderla più dinamica e per questo cerco nella comunicazione un effetto “wow”. Quando abbiamo lanciato il nostro straordinario mascara “The longer, the better” (“il più lungo, il più buono”), ho pensato ad una maniera originale di farlo conoscere e ho chiesto a Rocco Siffredi di condurre delle dirette streaming su Instagram per parlare di sessualità: un vero successo. D’altra parte, Layla è un’azienda inclusiva dove nulla è impossibile o vietato.
 
Non ti sei fermata qui, perché hai coinvolto anche Fedez: mi racconti com’è andata?
Sono sempre stata una fan di Federico, l’ho sempre seguito sui social e sono stata anche ai suoi concerti. Durante lo scorso anno, ho visto da quello che pubblicava su Instagram che amava dipingere le unghie con lo smalto e quando in autunno in una storia ha dichiarato che gli sarebbe piaciuto ideare una capsule tutta sua, mi sono fatta avanti. Non è stato facile lavorare insieme in zona rossa, per cui abbiamo atteso che la Regione Lombardia diventasse arancione per conoscerci di persona e valutare insieme il progetto. E’ stato un incontro felice in cui abbiamo condiviso molto e da cui è nata "NooN", la capsule di Fedez, andata letteralmente a ruba, tanto far andare in tilt i server aziendali appena è stata lanciata.
 
Hai sdoganato la manicure maschile e il concetto di bellezza a cui eravamo abituati, ma so che c ’è un altro tema per cui ti stai battendo con determinazione.
Sì. Si tratta dell’infertilità, un argomento ancor più difficile da affrontare rispetto a omofobia o LGBT o alla sessualità in generale. Le donne che non possono avere figli si vergognano, hanno la sensazione di essere sbagliate o, peggio, sporche; temono di essere ripudiate dalla società (o dai mariti, talvolta) e affrontano questa situazione nel silenzio della solitudine. Bisogna invece parlarne e rassicurare tutte: non si è meno donne perché non si possono avere figli.
 

Sotto la mascherina abbiamo perso l’abitudine di usare il rossetto: consigli?
Abbiamo studiato una formulazione perfetta per indossare il rossetto anche in tempo di pandemia: con "Eternal" abbiamo restituito il colore alle labbra. Ultra confortevole, non appiccica ed ha un tempo di asciugatura quasi immediato, oltre a garantire una piacevole idratazione; alla sera, basta eliminarlo con un normalissimo detergente. La voglia di esprimersi e comunicare anche con il cosmetico più classico e più amato da tutte adesso può essere soddisfatta.

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