INTERROGATORI

Funivia Stresa Mottarone, gip: "Gravi indizi solo su Tadini" | Un operaio: "Il 26 aprile ordinò di disattivare i freni"

Scarcerati Nerini e Perocchio (il gestore dell'impianto e il direttore di esercizio). Ai domiciliari il caposervizio che secondo il tribunale di Verbania "incolpa gli altri per condividere il peso"

Va ai domiciliari Gabriele Tadini, il caposervizio della funivia del Mottarone, e tornano liberi Luigi Nerini, il gestore dell'impianto, e Enrico Perocchio, direttore di esercizio. Lo ha deciso il gip di Verbania Donatella Banci Buonamici. I tre erano stati fermati nella notte tra martedì e mercoledì, per l'incidente che domenica ha causato 14 morti.

Gravi indizi di colpevolezza - "Allo stato iniziale delle indagini i gravi indizi di colpevolezza" che possano giustificare un provvedimento di custodia cautelare "sussistono unicamente nei confronti di Gabriele Tadini". Lo scrive il gip del tribunale di Verbania nell'ordinanza con cui ha disposto gli arresti domiciliari per il caposervizio della funivia del Mottarone.

Tadini accusa Nerini e Perocchio - Tadini, che ha ammesso di aver piazzato i forchettoni per disattivare i freni e ha sostenuto che il gestore Luigi Nerini e il direttore di esercizio Enrico Perocchio avevano avallato la scelta, sapeva bene che "il suo gesto scellerato aveva provocato la morte di 14 persone" e per questo avrebbe condiviso "questo immane peso, anche economico" con le "uniche due persone che avrebbero avuto la possibilità di sostenere un risarcimento danni". Per questo ha chiamato "in correità" i "soggetti forti del gruppo", per attenuare le sue "responsabilità", scrive il gip di Verbania.

Totale mancanza di indizi a carico di Nerini e Perocchio - "Palese è, al momento della richiesta di convalida del fermo e di applicazione della misura cautelare, la totale mancanza di indizi a carico di Nerini e Perocchio che non siano mere, anche suggestive supposizioni". Così la gip di Verbania, Donatella Banci Buonamici, nell'ordinanza che ha stabilito la libertà per Luigi Nerini, gestore della funivia del Mottarone, ed Enrico Perocchio, direttore di esercizio. Domiciliari invece per il caposervizio Gabriele Tadini perché "il già scarno quadro indiziario" è stato "ancora più indebolito", secondo la giudice per le indagini preliminari.

Dichiarazioni non attendibili - Le "scarne dichiarazioni di Tadini", spiega il gip, "rese peraltro di notte, dopo 7 ore dalla convocazione in caserma, alla presenza di un difensore d'ufficio", non hanno consentito "alcun vaglio di attendibilità, né alcuna possibilità di dettagliare e circostanziare le accuse elevate contro i coindagati". E, prosegue il giudice, "nemmeno alcun riscontro" è emerso "dalle dichiarazioni già rese dai dipendenti della Funivie Mottarone" sentiti nelle indagini il 25 maggio. 

La testimonianza di un operaio - C'è poi la testimonianza di un operaio. E' stato Gabriele Tadini a "ordinare" di mettere "i ceppi" per bloccare i freni di emergenza della cabina e la loro installazione era "avvenuta già dall'inizio della stagione", il "26 aprile", quando l'impianto tornò in funzione dopo le restrizioni anti-Covid. Lo ha spiegato un dipendente della funivia sentito come teste nelle indagini dei pm di Verbania, spiegando che il tecnico ordinò di "far funzionare l'impianto con i ceppi inseriti", a causa delle anomalie al sistema frenante non risolte, "anche se non erano garantite le condizioni di sicurezza necessarie". 

Nerini: "Soddisfatto, ma ora accertare le responsabilità" Nerini alla notizia della sua scarcerazione ha detto di essere "contento", ma ora il tema, come ha spiegato l'avvocato Pasquale Pantano che lo difende, "è che bisogna trovare i responsabili, non c'è motivo di gioire, bisogna capire cosa è successo".

Perocchio: "Sono disperato per le vittime" "Sono contento di tornare dalla mia famiglia, ma sono disperato per le quattordici vittime", ha detto Perocchio, lasciando il carcere di Verbania dopo che il gip lo ha rimesso in libertà. "L'errore è stato mettere i forchettoni per ovviare ad un problema che si sarebbe risolto - ha aggiunto -. Se avessi saputo che erano stati messi non avrei avvallato la scelta, in carcere stavo male per le persone mancate e per la mia famiglia". Perocchio ha spiegato che non riesce a darsi una spiegazione su cosa sia successo alla fune che si e' spezzata. "Tutte le manutenzioni sono state fatte - ha aggiunto - ora vedremo dalle analisi, io quel giorno sono partito immediatamente appena ho saputo della strage, mi sono sentito morire quando ho saputo delle accuse dei pm, ho sentito come un macigno addosso".