“Ce la metteremo tutta per portare a casa questa medaglia che tanto desideriamo”. Sono giorni intensi, di allenamento e concentrazione per Ruggero Tita, campione italiano della vela ormai in procinto di partecipare alle prossime Olimpiadi di Tokyo. Traguardo che richiede “una preparazione lunghissima, che non si improvvisa. Si costruisce tutto nei quattro anni che precedono e gioca un ruolo fondamentale la passione per quello che si fa”, racconta a Tgcom24 in occasione del lancio della collezione uomo per questa primavera estate di Falconeri.
Trentino, classe 1992, hai iniziato a praticare vela da bambino. A 12 anni facevi già parte della Nazionale, a 13 hai conquistato il tuo primo titolo: com’è nata questa passione? Ricordi ancora l’emozione della prima volta?
All’inizio mi dividevo tra la vela e lo sci, da buon trentino – sorride Ruggero Tita –. I risultati arrivavano con entrambe le discipline ma per andare avanti ho capito che dovevo concentrarmi su una delle due: così ho scelto la vela. Ha influito il mio spirito di competizione, la volontà di mettermi alla prova e di confrontarmi con gli altri. Ho iniziato vicino Trento, sul lago di Caldonazzo. Bellissimo il senso di libertà che ho provato da subito: ero un bambino e mi sentivo padrone di quello stavo facendo. Sentivo di avere l’intero spazio a disposizione, di poterlo esplorare, di potermi muovere con la massima libertà. Piano piano ho poi iniziato a scoprire e a cogliere anche l’aspetto competitivo, che mi ha spinto e mi spinge tuttora ad andare avanti.
Non solo la vela, sei un appassionato dello sport a tutto campo: pratichi, infatti, anche kitesurf, surf, snowkite, freeride, speedfly, paraglide, snowboard e ski freestyle. Quanto influiscono queste passioni nel tuo approccio alla vita?
Sono tutti sport estremi! Alla fine si tende a scegliere e a dedicarsi prevalentemente alla disciplina che consente un confronto reale, quella in cui senti di voler eccellere. Pratico, ad ogni modo, attività che spingono verso l’estremo per lavorare su me stesso, per uscire dalla comfort zone. Saper gestire le situazioni di emergenza e pericolo, l’imprevedibilità (come nel caso delle condizioni atmosferiche), è importante perché insegna la capacità di adattamento. Riuscire a mettersi in gioco nello sport porta a fare lo stesso anche nella vita.