cronaca

Gli spioni senza il Watergate

Editoriale dal Foglio

La vicenda delle intercettazioni illegali, del sistema di controllo illecito costruito all'interno di Telecom, oltre all'ovvio e giusto allarme per la riservatezza violata di tanti cittadini, suscita una certa perplessità. Non naturalmente sul carattere criminale degli abusi, così vasti forse anche perché si nascondevano tra le pieghe di un sistema di intercettazioni legali di dimensioni colossali e prive di riscontro in qualsiasi paese democratico.

La perplessità riguarda le finalità di queste operazioni e il loro collegamento con l'azienda. E' troppo facile mettere in corto circuito quest'affaire di spionaggio con le vicende finanziarie del gruppo, all'origine di uno scontro dai caratteri incerti con il presidente del Consiglio, o addirittura con il vizio di origine della società telefonica e della sua privatizzazione senza concorrenza, ma gestita in accoppiata con le varie merchant bank dal linguaggio vernacolare che si sono susseguite a Palazzo Chigi.

La banda di spioni insediati alla Telecom puntava i suoi obiettivi su troppi bersagli, dai calciatori ai finanzieri, dai presunti criminali ai grandi industriali, per sembrare la longa manus di una volontà perversa della quale non si riesce a definire contorni e finalità. Grande confusione, forse grande delinquenza (lo accerteranno i giudici),. ma per ora poco fumo di un Watergate politico-finanziario.

Quando ci si muove nel mondo in ombra delle spie il compito più arduo e sano è quello di fissare bene il discrimine tra abusi da punire, associazioni a delinquere da reprimere e fini istituzionali perseguiti con modalità anomale da indagare.