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Il medico consiglia come curare la sordità con nuove tecnologie per restituire l’udito

A Tgcom24 la consulenza di Lucia Oriella Piccioni,  otorinolaringoiatra IRCCS -  Ospedale San Raffaele

Tgcom24

I dati dell'Oms indicano che oltre il 5% della popolazione mondiale, circa 466 milioni di persone, ha una riduzione dell’udito che incide sulla qualità della vita e si stima che entro il 2050 oltre 900 milioni di persone (ovvero 1 su 10) avrà una perdita uditiva disabilitante. In Italia le persone con problemi di udito sono circa 10 milioni, corrispondenti al 15% della popolazione (dati Istat 2018). Nel nostro Paese l’ipoacusia riguarda una persona su tre, in particolare, tra gli over 65 (fonte: Ministero della Salute). La sordità è la seconda causa di invalidità in Italia, preceduta solo dall’invalidità motoria.

Segnali come il bisogno di alzare sempre il volume dei dispositivi audio, radio o tv, oppure la difficoltà ad ascoltare chi parla al telefono o in un ambiente rumoroso sono i primi sintomi di un disturbo dell’udito che, lieve o più importante, merita sempre di essere approfondito, per capirne l’origine e trovare una soluzione adatta. L’ipoacusia infatti, se trascurata, può comportare problemi di relazione e, nei casi più gravi, porta all’isolamento dalla società con conseguenti stati depressivi importanti ed aggravamento di deficit cognitivi.

Le cause. Le cause di perdita uditiva si possono distinguere in due grandi categorie: la sordità trasmissiva, di tipo meccanico, legata a problematiche dell’orecchio esterno e medio e la sordità neuro sensoriale dovuta a un alterato funzionamento dell’orecchio interno e/o del nervo acustico. La trasmissiva è quella dovuta a una cattiva conduzione meccanica del suono a partire dall’orecchio esterno e medio, e si verifica quando il timpano non vibra più bene a causa di una perforazione che può essere causata da un’otite, da un trauma acustico, oppure quando i tre ossicini (martello, incudine e staffa) presentano anomalie tali per cui non riescono più a trasmettere i suoni all’orecchio interno, ad esempio nel caso dell’otosclerosi, malattia ereditaria che colpisce la staffa.

Si parla invece di ipoacusia neurosensoriale quando sono colpite le parti “nobili” dell’udito, le sue strutture nervose, e cioè coclea e nervo acustico. Ne può essere causa la presbiacusia, cioè l’invecchiamento dovuto all’età delle strutture che consentono di percepire i suoni, e poi meningiti, traumi, l’uso di certi farmaci (tra cui alcuni antibiotici e chemioterapici ototossici), malattie genetiche e autoimmuni, neurinoma (un tumore benigno del nervo acustico), complicanze di otiti, sclerosi multipla e altre malattie neurodegenerative.

La diagnosi di sordità. Ci sono alcuni segnali che ci dicono che abbiamo problemi di udito. Da non trascurare eventuali difficoltà percettive in alcune particolari situazioni come durante dialoghi a voce bassa o conversazioni in ambienti rumorosi. Può capitare un disagio davanti alla tv e durante le conversazione telefoniche. In associazione è possibile sentire i suoni ovattati e avere la necessità che la persona con cui si sta parlando si esprima più lentamente e a voce più alta. E’ importante rivolgersi a uno specialisti otorinolaringoiatra per una visita accurata. In caso di deficit uditivo lo specialista prescriverà l’esame audiometrico tonale e vocale e l’esame impedenzometrico per stabilire il tipo di deficit, se trasmissivo o neurosensoriale ed il grado della perdita uditiva.

Come curare le forme di sordità. In genere nell’ipoacusia trasmissiva un trattamento farmacologico e/o chirurgico possono ristabilire l’udito, ma per quella neurosensoriale è necessario ricorrere ai differenti tipi di ausili protesici, a seconda della gravità della patologia e del livello di ipoacusia. Si può passare dalle protesi acustiche tradizionali, che utilizzano un microfono in grado di catturare il suono, aumentarne il volume e inviarlo amplificato all’orecchio, agli impianti cocleari, veri e propri orecchi bionici che sostituiscono praticamente l’apparato uditivo quando l’ipoacusia è di grado grave/profondo.

La dottoressa Lucia Oriella Piccioni, otorinolaringoiatra dell’IRCCS Ospedale San Raffaele esperta riconosciuta a livello internazionale in materia, precisa:  “Al giorno d’oggi è importante che le persone con ipoacusia grave non si arrendano a non sentire perché grazie all’evoluzione delle nuove tecnologie e della chirurgia dell’orecchio possiamo impiantare apparecchi che non solo sono in grado di restituire l’udito a chi lo perde ma anche donarlo a chi nasce sordo. Oggi come oggi anche nei bambini con sordità congenita, grazie allo screening neonatale per la sordità e quindi ad una diagnosi precoce si ha la possibilità di correggere la sordità profonda i primi 12 mesi di vita con l’impianto cocleare che è completamente rimborsato dal Servizio Sanitario Nazionale”.

Come si accede all’intervento. Le persone candidate all’intervento di impianto cocleare devono prima effettuare una serie di indagini sull’apparato uditivo, perché bisogna determinare esattamente qual è la causa della sordità e quali sono le condizioni psico-fisiche e cognitive del paziente. È importante anche uno studio radiologico per escludere e/o diagnosticare eventuali malformazioni anatomiche. L’intervento viene eseguito in anestesia totale e dura circa due ore, mentre la degenza in ospedale è di uno-due giorni, a seconda delle condizioni generali del paziente.

In cosa consiste l'impianto. L’impianto cocleare è costituito da due parti. Una parte esterna, retroauricolare, che è dotata di batteria e di microfoni che catturano i suoni e li digitalizzano e grazie ad un magnete li trasferisce alla parte interna. Una parte interna , che codifica i suoni trasmessi dal processore e li converte in stimoli elettrica. Mediante una incisione dietro l’orecchio la parte interna viene posizionata mettendo il magnete ricevitore sotto il cuoio capelluto appoggiata alla teca cranica e la porzione con gli elettrodi (portaelettrodi) viene posizonata nella coclea, in modo tale da stimolare elettricamente il nervo acustico. Qui l’impulso elettrico viene trasformato in impulso nervoso e, poi, trasmesso al cervello, che così interpreta il suono come sensazione uditiva, con tutto il suo carico di informazioni.

Al termine dell’intervento chirurgico il paziente avrà solo la parte interna. Dopo 3-4 giorni presso la nostra clinica o dopo 1 mese in altri ospedali, l’impianto viene attivato accoppiandolo con la parte esterna. Nel momento dell’attivazione il paziente non comprende tutto quello che senteIl pazinte con impianto ccoleare deve seguire un programma di riabilitazione uditiva sia con l’aiuto della logopedista sia con esercizi da fare a casa per riabituare il cervello a comprendere i suoni e le parole. La dottoressa Piccioni afferma “I risultati finali generalmente sono molto buoni e grazie all’impianto cocleare le persone sono in grado di condurre una normale vita sociale arrivando anche ad ascoltare e apprezzare la musica. L’impianto cocleare è la terapia più idonea alle persone affette da una sordità grave-profonda che non traggono alcun beneficio dall’utilizzo delle protesi acustiche. Non vi è limite di età sia i più piccoli che i più anziani possono essere candidati all’orecchio bionico, a patto che le condizioni cliniche lo permettano”.

Il professor Mario Bussi, primario dell’Unità di otorinolaringoiatria dell’IRCCS Ospedale San Raffaele spiega: “È fondamentale che le persone con problemi di sordità si rivolgano a centri ad alta complessità che abbiano le competenze necessarie per offrire al paziente la terapia su misura. La nostra Unità ha all’attivo 30 impianti cocleari all’anno e più di 250 interventi di chirurgia dell’orecchio medio per anno”. E’ importante sapere che la metà di tutti i casi di ipoacusia può però essere prevenuta, attraverso misure di sanità pubblica (Fonte: Oms, Eurotrack, Cenis)  eppure, negli ultimi 5 anni, solo il 31% della popolazione ha effettuato un controllo dell’udito mentre il 54% non l’ha mai fatto.

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