Un padre padrone che per dieci anni ha abusato delle figlie, tutte minorenni, una di appena 4 anni. Una storia agghiacciante conclusa con l'arresto e l'estradizione dell'uomo, 50enne pastore evangelico, che per sfuggire alla giustizia italiana, da Ponza (Latina), si era trasferito in Scozia, a pochi chilometri da Edimburgo. A denunciarlo era stata la figlia più piccola, mentre la moglie lo difende "per non rovinare il marito e il matrimonio".
L'uomo, rintracciato alcuni mesi fa dalla polizia scozzese, in collaborazione con lo Scip (il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia), è rientrato all'aeroporto di Fiumicino e subito è stato trasferito nel carcere di Rebibbia.
La Procura di Cassino gli contesta i reati di violenza sessuale aggravata (dal vincolo genitoriale) e maltrattamenti in famiglia al termine di indagini svolte dal commissariato locale, diretto da Giovanna Salerno.
Proprio le indicazioni fornite dalla polizia di Cassino, che ha monitorato continuamente gli spostamenti dell'uomo, sono state decisive per la sua esatta localizzazione in Scozia. Gli accertamenti sono partiti nel 2020, dopo che la figlia più piccola, ma ormai maggiorenne, ha trovato il coraggio di denunciare.
Dall'ordinanza del gip, Vittoria Sodani, emerge il dramma e l'orrore vissuto dalle ragazzine. Abusi iniziati quando la famiglia viveva nel Lazio e che avvenivano con "cadenza quasi giornaliera" in un arco temporale che va dal 2009 al 2019.
Un clima familiare di omertà - Le piccole, fin dalla tenerissima età, erano diventate oggetto delle perversioni dell'uomo, una sorta di orco. Abusi e maltrattamenti di cui erano a conoscenza anche i parenti, a cominciare dalla moglie.
La donna, però, non ha avuto la forza di denunciare - nonostante la figlia avesse tentato di coinvolgere sia lei che le sorelle a ribellarsi - perché del "tutto succube del marito".
In un colloquio carpito e citato dal gip, afferma: "Pensavo fosse una cosa limitata, mettetevi nei miei panni: voglio bene a mia figlia, però voglio pure non rovinare mio marito e il matrimonio".
L'uomo, non aveva un lavoro fisso: in base a quanto raccontato da una delle figlie viveva con i soldi provenienti dalla vendita di una casa tranne una breve esperienza, tra il 2013 e il 2015, quando aprì in Molise un negozio di caramelle. In quel periodo si avvicinò alla comunità evangelica e cominciò a professare il ministero di culto arrivando a gestire, come pastore, alcune comunità.
"Emerge dagli atti - scrive il gip - la piena inconsapevolezza da parte dell'indagato della gravità delle condotte poste in essere, fra l'altro per un periodo di tempo così rilevante, e il fondato attuale e concreto pericolo che il medesimo possa reiterare le condotte già poste in essere, anche nei confronti del figlio più piccolo, un maschietto".
Le modalità "esecutive e le circostanze dei fatti-reato sono indicativi di una negativa personalità dell'indagato, del tutto privo di autocontrollo e freni inibitori in ordine ai suoi impulsi sessuali e aggressivi".
E' "evidente - prosegue il gip - che l'uomo abbia deciso di allontanarsi dal territorio nazionale per paura di essere perseguito penalmente per i reati contestati. Emerge con chiarezza la volontà di sottratti alla giustizia".
Nell'esposto la figlia - che alla fine ha trovato il coraggio di ribellarsi, con il supporto di un altro pastore e di una psicologa - afferma che il padre "fin da quando aveva 5/6 anni obbligava lei e le sorelle a fare il riposino pomeridiano con lui, durante il quale, in assenza della madre", le abusava.
Secondo il racconto della ragazza nella casa il padre aveva posizionato almeno due telecamere nel bagno, mentre altre erano disseminate per la casa. L'uomo era anche solito insultare le figlie, fin da bambine, e in più di una circostanza le avrebbe picchiate con calci e pugni.