Giorgio de Chirico torna a Milano
L'arte complessa del maestro della Metafisica dopo quasi cinquant’anni è di nuovo nel capoluogo lombardo: a Palazzo Reale fino al 19 gennaio
Con un centinaio di capolavori selezionati da Luca Massimo Barbero, Giorgio de Chirico torna a Milano, fino al 19 gennaio, in quegli stessi spazi di Palazzo Reale che avevano ospitato la sua prima retrospettiva italiana nel 1970. Suddivisa in otto sale, l'esposizione ricostruisce per sommi punti l'irripetibile carriera del pictor optimus: dalle radici di un'infanzia trascorsa in Grecia (con il fratello Andrea Savinio, la madre "centauressa" e il padre ingegnere) alla Parigi delle avanguardie, alla Metafisica, che trova la sua forza ispiratrice a Ferrara e che strega i surrealisti e conquista persino Andy Warhol.
Giorgio de Chirico torna a Milano cinquant'anni dopo l'ultima mostra
Non a caso, gli anni ferraresi (1915-1919) sarebbero stati ricordati dal fratello Andrea come una felice fatalità: i due de Chirico si ritrovano in quella città di "solitaria e di geometrica bellezza […] una delle città più belle d’Italia [che] m’ispirò nel lato metafisico nel quale lavoravo allora". Non mancano, infatti, in mostra alcuni dei più bei dipinti di questa fortunata stagione, come Il trovatore (1917) o Il pomeriggio soave (1916), ma ci sono anche alcuni dei più noti autoritratti, tra cui quello del 1911 con un de Chirico pensieroso e böckliniano e quello del ’24-25 dove tutto sembra piano piano pietrificarsi; solo il viso, con i suoi malinconici occhi spioventi conserva qualche traccia di colore.
E' proprio sugli anni Venti-Trenta che l’appuntamento milanese punta le sue carte migliori, con una selezione di tele dedicate a gladiatori (esseri dai corpi nudi e gommosi, ammassati al centro di una stanza in un groviglio di membra, armi e cavalli oppure allineati in un fregio dal sapore classico, ma ben lontani dai nerboruti cugini dell’antica Roma) e a manichini- archeologi con le viscere ricolme di colonne, timpani e frammenti di antichità.
Le ultime sale riportano lo scompiglio delle sue irriverenti quanto ironiche rivisitazioni del Barocco per cui negli anni Quaranta si mostra come torero (Autoritratto in costume da torero, 1941-1942) o in abiti secenteschi (Autoritratto in costume nero, 1948 e Autoritratto nel parco in costume del Seicento, 1959), delle mises en costumes che presenta anche a mostre internazionali importanti come la Biennale di Venezia.
Infine, negli anni Sessanta, sparigliando nuovamente le carte, de Chirico torna di sua volontà alla pittura degli anni ferraresi, come se la metafisica fosse divenuta un marchio di fabbrica, replicabile dal suo stesso inventore. Ecco allora le Muse inquietanti, considerato il dipinto fondante della metafisica, nelle versioni degli anni Cinquanta e Sessanta, che proprio nella loro serialità giustificherebbero la folgorazione che Andy Warhol ebbe nei confronti del maestro di Volos.
Non è però solo una replica o una pigra operazione di mercato: la neometafisica è portatrice sia di nuove invenzioni – i palcoscenici, i soli neri, i cavalieri elettrici – ma soprattutto è il ritorno di soggetti che hanno però perso la dimensione angosciosa dell’enigma.
de Chirico
dal 25 settembre al 19 gennaio 2020
Palazzo Reale, Milano
Orari: Lunedì: 14:30 – 19:30, Martedì-Mercoledì-Venerdì-Domenica: 09:30 – 19:30, Giovedì-Sabato: 09:30 – 22:30
Biglietti: Intero 14 € - Ridotto 12 €
Info: www.palazzorealemilano.it
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