Donald Trump chiese al presidente ucraino Voldymyr Zelenski di contattare il ministro della giustizia Usa, William Barr, per discutere la possibile apertura di un'indagine per corruzione su Joe Biden e suo figlio. E' quanto conferma la trascrizione della telefonata del 25 luglio tra il presidente Usa e il leader ucraino. "Fammi questo favore - disse il capo della Casa Bianca -. Qualunque cosa puoi fare, è importante che tu la faccia, se è possibile".
Il testo della conversazione è stato reso pubblico senza modifiche dall'amministrazione Trump. Nelle cinque pagine di trascrizione del colloquio si legge che Trump chiese a Zelensky di contattare, oltre al ministro Barr, anche il suo legale personale Rudolph Giuliani per "andare a fondo" della questione.
"Dagli Usa molti aiuti a Kiev" - Dalla trascrizione emerge che Trump, prima di chiedere al presidente ucraino di indagare sul figlio di Biden, gli ricordò che gli Stati Uniti inviano aiuti a Kiev. "Facciamo molto per l'Ucraina" furono le sue parole, aggiungendo che, al contrario, l'Europa non fa abbastanza.
Il testo e gli aiuti all'Ucraina - Secondo quanto si legge nel documento, Trump però non fece un esplicito collegamento tra gli aiuti statunitensi - bloccati una settimana prima - e un'indagine su Hunter Biden. Zelensky rispose che il presidente statunitense "aveva assolutamente ragione" a dire che i Paesi europei "non fanno quanto dovrebbero per l'Ucraina". La trascrizione non è testuale, ma si basa su "note e ricordi" delle persone presenti nella Situation Room e dei membri del Consiglio di sicurezza nazionale, hanno spiegato alla Casa Bianca.
Il Congresso indaga sul nodo aiuti - I membri del Congresso americano stanno indagando per appurare se, dopo la telefonata, Trump fece ancora pressioni per riaprire l'inchiesta su Biden in cambio del ripristino degli aiuti congelati, secondo quanto riferiscono alcuni media Usa. Si tratta dei primi passi dell'indagine formale per impeachment annunciata.
Il presidente: "Nessuna pressione su Kiev, è guerra politica" - Trump ha commentato a sorpresa la decisione dell'avvio di un'indagine dicendo che "questa è una guerra politica. Nessuna pressione, sono solo fake news. E' la peggiore caccia alle streghe della storia Usa". Il presidente ha quindi spiegato di aver "parlato con i vertici repubblicani in Congresso e ho assicurato la piena trasparenza sulle indagini". Quindi ha rilanciato: "Chiedo trasparenza ai democratici che sono andati in Ucraina e hanno tentato di costringere il nuovo presidente a fare le cose che volevano sotto forma di minaccia politica".
"Ho informato il capogruppo del Grand old Party, Kevin Owen McCarthy, e tutti i repubblicani alla Camera - ha insistito Trump - che sostengo pienamente la trasparenza sulle informazioni del cosiddetto informatore, ma insisto anche sull'avere trasparenza da Joe Biden e suo figlio Hunter, sui milioni di dollari che sono stati rapidamente e facilmente portato fuori dall'Ucraina e dalla Cina".
Zelensky difende Trump: "Non mi ha fatto pressioni" - A favore di Trump si è però espresso proprio Zelensky, il quale ha garantito, durante l'incontro bilaterale con Trump a New York, che "Nessuno ha fatto pressioni su di me. Tutti avete letto: è stato un colloquio normale, abbiamo parlato di molte cose, ma nessuno mi ha fatto pressione". Zelensky ha aggiunto di non voler "essere coinvolto nel dibattito e nel processo democratico delle elezioni americane".
Hillary Clinton: "Sì all'impeachment" - "Il presidente degli Stati Uniti ha tradito il nostro Paese - ha twittato l'ex segretario di Stato Hillary Clinton, sconfitta proprio da Trump nel 2016 nella corsa alla Casa Bianca -. E' un pericolo chiaro a tutte le cose che ci rendono forti e al sicuro. Sostengo l'impeachment".
Il figlio di Biden e le richieste di Trump a Kiev - Il figlio di Joe Biden, Hunter, ha lavorato per una società ucraina di gas naturale, Burisma, di cui era membro del board. Dal documento diffuso emerge che Trump disse a Zelensky che, come vicepresidente di Barack Obama, Biden (insieme ad altri leader occidentali) fece pressioni sull'Ucraina nel 2016 per licenziare il procuratore generale Viktor Shokin, il cui ufficio aveva aperto un'indagine su Burisma, perché era considerato non sufficientemente duro nella lotta contro la corruzione.