Via al Conte bis: i 21 ministri hanno giurato al Colle | Poi il primo Cdm: impugnata legge leghista sui migranti
Il provvedimento del Friuli Venezia Giulia appare incostituzionale in materia di ambiente e discriminatorio in materia di immigrazione. Lunedì si vota la fiducia alla Camera. Conte: "Basta conflittualità"
Trenta giorni dopo l'apertura della crisi, il nuovo governo guidato da Giuseppe Conte giura al Quirinale. E volta subito pagina. Lo fa con i volti e i toni dei nuovi ministri di Pd e LeU che affiancano una delegazione M5s molto rinnovata. Ma soprattutto lo fa con i primi atti in Consiglio dei ministri. Il premier raccomanda ai suoi ministri "leale collaborazione", per archiviare la stagione gialloverde dei "conflitti" e delle "sgrammaticature istituzionali".
Luigi Di Maio e Dario Franceschini promettono, a nome delle rispettive "delegazioni", che ci si parlerà di più e si concorderanno le singole misure. Poi tutti insieme, premier e ministri, danno il primo "schiaffo" politico a Matteo Salvini, con la decisione di impugnare una legge regionale del Friuli Venezia Giulia, regione a guida leghista, per alcune norme "discriminanti" verso i migranti. Alle dieci del mattino, con il carico di sorrisi ed emozioni di rito, i ventuno ministri del nuovo governo giurano nelle mani del capo dello Stato.
L'obiettivo della nuova "alleanza" M5s-Pd-LeU - I Cinque stelle si mettono in posa per una istituzionale foto di gruppo e il Pd risponde con un selfie scattato da Franceschini. Nicola Zingaretti assiste alla diretta tv dal suo ufficio in Regione, avendo delegato a Franceschini la regia della squadra di governo. Conte fa l'occhiolino a Di Maio, poi gli stringe le mani con calore: una crisi irrituale e durissima è alle spalle, Salvini è tra i monti di Pinzolo promettendo la rivincita alle prossime elezioni. Ma l'obiettivo dei giallorossi è eleggere il prossimo presidente della Repubblica e intanto varare una legge elettorale proporzionale che cancelli i sogni del leader leghista di "pieni poteri".
Cerimonia a Palazzo Chigi e primo Cdm - A Palazzo Chigi, dopo una singolare cerimonia in cui Conte eredita da se stesso la "campanella" che apre i Cdm e saluta frettoloso il leghista Giancarlo Giorgetti, il primo Consiglio dei ministri dura oltre un'ora. Conte, ora più a suo agio nel ruolo di premier, regala battute per sciogliere le emozioni dei tanti debuttanti. Poi esordisce con un discorso in cui indica la discontinuità che vuole. Basta conflitti, basta scavalcarsi e non parlarsi: dialogate tra voi e parlate con la presidenza, sobri nelle parole e operosi nelle azioni, raccomanda. Ora si lavorerà come una vera coalizione. E come in ogni coalizione che si rispetti, prendono la parola in Cdm i capi delegazione di M5s, Pd e LeU.
Le prime mosse del nuovo governo - Intanto, l'esecutivo si mette al lavoro. Viene esercitato il Golden Power su quattro operazioni di 5G di Tim, Vodafone, Fastweb e Linkem. E viene impugnata una legge del Friuli Venezia Giulia che viola diverse competenze statali, mette a rischio i livelli essenziali sanitari e soprattutto "discrimina" i migranti. Nel comunicato si legge che si impugnerà la legge n. 9 del 08/07/2019, "Disposizioni multisettoriali per esigenze urgenti del territorio regionale", in quanto "numerose disposizioni sono risultate eccedere dalle competenze Statutarie della Regione" e "
talune disposizioni in materia di immigrazione appaiono discriminatorie".
Le disposizioni a cui fa riferimento il Cdm nel suo comunicato riguardano in particolare gli articoli 22 e 54 comma c della legge regionale in questione. Il primo prevede lo spostamento di fondi - inizialmente destinati a misure per l'accoglienza diffusa - sui rimpatri coatti degli immigrati colpiti da provvedimento di espulsione (rimpatri che, però, sono di competenza statale e non regionale, sebbene il Fvg sia una regione a statuto speciale). Il secondo comma prevede invece di destinare gli incentivi occupazionali esclusivamente a chi assume persone residenti da almeno cinque anni nella Regione. Un elemento, quest'ultimo, discriminatorio non solo per i migranti ma anche per gli stessi italiani provenienti da altre regioni. Era un atto quasi dovuto, spiega il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia: il lavoro preparatorio era stato avviato dal precedente governo e i termini per impugnare scadevano venerdì. Ma acquista subito il sapore di una sfida alle politiche salviniane.
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