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Mohammed, l'unico superstite del barcone sbarcato a Malta: "Nessuno ci ha aiutato per 11 giorni, buttavamo i cadaveri in mare"

In un'intervista al Times of Malta, l'uomo racconta l'incubo vissuto a bordo del gommone in cui sono morte 14 persone

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"Siamo partiti in quindici, senza cibo e acqua. Sono sbarcato vivo solo io". A parlare è Mohammed Adam Oga, uno dei migranti che si trovava a bordo del gommone salvato lunedì scorso dalle Forze armate maltesi. L'uomo, un attivista politico etiope di 38 anni, unico superstite della traversata del barchino partito dalla Libia, ha raccontato al Times of Malta gli undici giorni da incubo alla deriva nel Mediterraneo: "Abbiamo visto molte barche, gridavamo 'aiuto!', ma nessuno si è fermato".

Il barchino era partito il primo agosto dalla spiaggia libica di Zaywa. "Abbiamo pagato 700 dollari. I trafficanti ci hanno dato un Gps e ci hanno detto: navigate verso Malta. Ma poi è finita prima la benzina e poi l'acqua - racconta al quotidiano maltese Mohammed - Abbiamo cominciato a bere l'acqua del mare e dopo cinque giorni sono morte le prime persone". 
 
Da quel momento, ogni giorno il barchino si riempiva di cadaveri, la situazione tragica ha costretto i sopravvissuti a lasciare i cadaveri in mare: "I corpi iniziavano a decomporsi, avevano un odore insopportabile". Dopo dieci giorni, sul gommone restano in due, Mohammed e un ragazzo di vent'anni. "Lui a un certo punto ha detto che sarebbe toccata anche a noi la stessa fine. Ha buttato in mare il Gps ma io gli ho risposto che non volevo morire".  
 
Dopo la morte dell'ultimo compagno, Mohammed rimane solo, abbracciato all'ultimo cadavere, fino all'arrivo dei soccorsi: " Dio ha mandato i maltesi a salvarmi. Sono felice. Sono sopravvissuto". Mohammed, partito nella speranza di raggiungere la Germania, è ora ricoverato al policlinico universitario "Mater Dei" di Msida.

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