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Cultum Change, l'inclusione sociale in agricoltura 

Un programma di formazione che si rivolge alle aziende che necessitano di manodopera e finalizzato all'inserimento dei rifugiati

Durante l'emergenza Covid, l'agricoltura ha svolto un ruolo fondamentale per la tenuta dell'Italia. Il settore, però, ha dovuto fare i conti con la mancanza di manodopera. In questo contesto è nato e si è sviluppato "Cultum Change",  un programma di formazione finalizzato all'inclusione sociale e all'inserimento lavorativo dei rifugiati in ambito agricolo.

L'iniziativa, realizzata da Reale Foundation insieme a Confagricoltura e a Onlus Senior Età della Saggezza, con ENAPRA, FAI-Federazione Apicoltori Italiani, Rete Fattorie Sociali, l'Università di Roma Tor Vergata, e in collaborazione con l'UNHCR, si rivolge a due tipologie di soggetti beneficiari: le aziende agricole e i piccoli produttori italiani, che hanno bisogno di manodopera specializzata in breve tempo, e i rifugiati o titolari di protezione internazionale, in quanto particolarmente svantaggiati e fragili rispetto all'accesso al mondo del lavoro.

 

L'idea parte a cavallo dell'esplosione della pandemia sulla scia dell'esperienza di "Agrijob", un servizio messo a disposizione da Confagricoltura che offre un'attività di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, racconta Francesco Postorino, direttore generale di Confagricoltura. "Il progetto Cultum Change è finalizzato non solo alla produzione agricola ma anche alla responsabilità sociale", chiarisce Postorino: "da un lato ci sono le imprese che accolgono i rifugiati che hanno bisogno di essere formate con tutoraggio e mediazione culturale; dall'altro ci sono le Onlus coinvolte nel programma che stanno lavorando con le strutture di accoglienza per organizzare la fase formativa dei futuri lavoratori. Ci troviamo davanti a persone che quasi mai hanno avuto relazioni con il mondo agricolo, quindi è necessario fornire elementi necessari per un migliore inserimento". 

 

L'obiettivo del progetto, spiega il direttore di Confagricoltura, è "aumentare l'incidenza dell'occupazione delle categorie vulnerabili e allo stesso tempo fornire alle aziende manodopera formata". Coniugare dunque "l'accoglienza con la produzione agricola, rendere interattive le capacità di queste persone - spesso di livello culturale alto ma prive di certificazioni - con i fabbisogni delle aziende". Postorino sottolinea anche che "mentre per le aziende zootecniche si parla di impieghi annuali, le coltivazioni ortofrutticole richiedono perlopiù impieghi stagionali". Seppur per brevi periodi, è sottinteso quindi che "l'inserimento dei lavoratori richieda anche interventi volti ad assicurare una casa e delle condizioni favorevoli ai rifugiati". 

 

I candidati e le aziende interessate ad entrare nella rete di Cultum Change dovranno compilare un apposito modulo dove, oltre ai dati, verranno indicate le disponibilità e le competenze lavorative, così da agevolare l'incontro tra il rifugiato e l'azienda. Oggi più che mai il lavoro e la manodopera sono essenziali per l'impresa agricola, dal momento che l'agricoltura sta assumendo nuovamente un ruolo trainante per l'economia. Con progetti di questo tipo i campi diventano anche un ammortizzatore sociale che permette a categorie svantaggiate di trovare impiego ed una propria realizzazione.

 

 

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