Confindustria lancia l'allarme Sud: un giovane su due non lavora
Aumentano e crescono d'intensità i campanelli d'allarme che segnalano un possibile e ulteriore rallentamento dell'economia del Meridione
L'economia del Meridione continua a procedere al minimo: nei primi mesi del 2019 sono diventati più evidenti i segnali di rallentamento emersi nel 2018. A denunciarlo è la tradizionale analisi di mezza estate di Confindustria e Srm-Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, secondo cui, inoltre, la disoccupazione giovanile raggiunge il tasso record del 51,9%: in pratica, più di un giovane meridionale su due non lavora.
In generale, anche le altre fasce di popolazione non stanno meglio:
i disoccupati sono circa 1 milione e mezzo, e molti di più sono gli inattivi. Il tasso di attività si ferma così al 54% e quello di occupazione al 43,4%. E nei primi mesi del 2019
ha smesso di crescere anche il numero delle imprese: dopo molti trimestri di aumento, infatti, le imprese attive sono ora meno di 1 milione e 700mila, con un incremento però delle imprese di capitali (quasi 330mila, con una crescita del 5,8% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente); di queste, solo 25mila hanno più di 9 dipendenti.
Secondo il rapporto, l'andamento degli occupati mostra elementi positivi mescolati a quelli negativi, con questi ultimi che prevalgono nei mesi più recenti (-2,2%): il primo trimestre 2019 è infatti il terzo di fila a far segnare un andamento negativo, cosicché
gli occupati al Sud tornano sotto la soglia dei 6 milioni, con un calo nella maggior parte delle regioni, tranne Molise, Puglia e Sardegna.
L'
export meridionale mostra invece segnali di miglioramento assieme ad altri di frenata che prevalgono nel breve periodo. Se il 2018, infatti, si è chiuso con un valore positivo delle esportazioni (+5,5%, per un valore complessivo delle merci esportate di circa 50 miliardi), nei primi tre mesi del 2019 si registra un inatteso stop: a penalizzare le regioni meridionali è soprattutto la flessione dell'export di coke e prodotti raffinati, in diminuzione del 21% rispetto al primo trimestre 2018, solo parzialmente compensata dall'andamento dell'export di mezzi di trasporto (+4,5%), prodotti alimentari (+5,1%) e soprattutto dalla
farmaceutica, che mette a segno un lusinghiero +18%. Cresce nel 2018 anche l'export
turistico, cioè arrivi (+14,9%) e spesa (+8,8%) dei turisti stranieri.
Ristagnano anche gli investimenti fissi lordi, per i quali sembra attenuarsi di intensità il rimbalzo che aveva caratterizzato gli ultimi anni, con una piccola ma significativa eccezione delle costruzioni. E restano comunque lontanissimi i valori pre-crisi: gli investimenti fissi lordi totali sono inferiori del 36,2% rispetto a quelli del 2007. In conseguenza di questo andamento lento, frena anche il Pil, che nel 2018, secondo le stime preliminari dell'Istat, fa registrare nel Mezzogiorno una crescita dello 0,4%, meno della meta' del +0,9% della media nazionale.
Fra i settori,
l'andamento migliore è quello dell'industria (il cui valore aggiunto cresce del +7,4% tra il 2016 e il 2017), ma il suo apporto all'economia è pari a circa il 10% del totale: troppo poco per far recuperare al Sud anche solo i livelli pre-crisi. Non mancano settori ad alto valore aggiunto, ma
la produttività dei settori produttivi meridionali si mantiene, in media,
di circa un quarto inferiore a quella del Centro Nord.
Intanto aumentano il numero e l'intensità dei
campanelli di allarme sul rischio di rallentamento dell'attività economica. Sul fronte creditizio, sebbene tra il 2017 e il 2018 si assista ad un forte calo dei crediti in sofferenza, che scendono al Sud in un solo anno di circa 8,3 miliardi, il livello totale degli impieghi registra un calo altrettanto brusco nel quarto trimestre 2018 rispetto all`anno precedente (-5,2%), con 14 miliardi in meno erogato a famiglie e imprese meridionali.
Tornano poi ad aumentare, nel primo trimestre 2019, i giorni di ritardo nei pagamenti tra imprese (in media 17,7 giorni) e riprendono a crescere nel 2018 i fallimenti, così come le liquidazioni volontarie, possibile sintomo del
peggioramento della percezione sulle aspettative future degli imprenditori meridionali. Segnali ancora contenuti, ma che coincidono con la percezione di un diffuso peggioramento dello scenario economico, a livello internazionale, nazionale e locale.
A pesare è anche il c
ontributo limitato degli investimenti pubblici, che accentuano il proprio calo soprattutto nelle regioni meridionali. La spesa pubblica in conto capitale pro capite del Centro Nord torna infatti ad essere, nel 2017, di quasi 500 euro più elevata di quella del Mezzogiorno. Se i fondi strutturali rispettano i target fissati per i pagamenti, resta ridotta la spesa ordinaria, e molto basso è il contributo del Fondo Sviluppo e Coesione. Ad eccezione del credito d'imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, è in forte calo anche la spesa pubblica per incentivi alle imprese.
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