Andrea Camilleri è stato il Giuseppe Garibaldi della letteratura italiana. Entrambi hanno unito l'Italia partendo dalla Sicilia. Il primo con un romanzo, il secondo con un fucile. Lo scrittore e drammaturgo ha avvicinato due mondi con il commissario Montalbano, il generale e patriota con i Mille. Per il sottoscritto, bergamasco a 360 gradi, l’unificazione ha una sola data: estate 1999, l’anno de “Un mese con Montalbano”, edito da Arnoldo Mondadori.
All’epoca di Camilleri tutti ne scrivevano e tutti ne parlavano. Quei “trenta giorni alla ricerca di una giustizia possibile” – come si legge nella copertina - colpirono nel segno. Già in quelle storie brevi (su tutte “L’uomo che andava appresso ai funerali”) Camilleri parve di un altro pianeta. Poi fu la volta degli “Arancini di Montalbano”. Poi a ritroso, quindi sempre di corsa a leggermi l’ultimo Camilleri. L’ho fatto per ventisette volte, lo farò per la ventottesima volta per l’inedito “Riccardino”: promesso.
E dire che il suo italiano inzuppato di siciliano si presentava ostico per uno come me nato tra il fiume Serio e il Santuario di Caravaggio. Eppure la trama, l’ironia e il pathos di quei racconti mi spinsero a conoscere - e in seguito anche ad utilizzare - parole come sciarratina, parrino, garruso e taliarsi.
Parole che raccontavano e racconteranno per sempre chi è Andrea Camilleri. Meglio usare il presente che il passato per un autore che ha fatto dell’umanità la caratteristica principe dei suoi scritti e dei suoi personaggi. Salvo Montalbano, Mimì Augello, Fazio, Catarella, il dottor Pasquano, Nicolò Zito e tutti gli uomini che animano la Vigata del commissario sono esseri umani come noi, con pregi e difetti. Non esiste un super uomo per Camilleri, tutti sono fallibili e puntualmente falliscono una o più volte nelle decine di testi scritti dal drammaturgo. Le donne non sono da meno: l’eterna fidanzata Livia, la fidata Adelina, l’amante-consigliera Ingrid e le altre femmine amate dal commissario raccontano un mondo del tutto simile al nostro. Come dimenticare la vicenda del piccolo Francois, ladro di merendine salvato dal commissario e poi morto da adolescente in una storia più grande di lui? O l’assurda umanità dei vari carteggi de “La concessione del telefono”? E “Le ali della sfinge”? E… tanti altri titoli. Emozionanti sulla carta. D’impatto immediato nella trasposizione televisiva.
Quello di Camilleri è un mondo fatto di storie comuni e di delitti di facile soluzione solo in apparenza. I suoi sono romanzi storici e gialli che profumano di sicilianità e di denuncia. Leggerli e guardarli ha portato migliaia di persone in Sicilia sui luoghi della serie diretta da Alberto Sironi. A Scicli, il cui municipio è diventato l’ufficio di Luca Zingaretti, ne hanno fatto un motivo d’orgoglio. Narra l’ormai leggenda locale che nel 2002, agli albori della saga tv, l’amministrazione comunale emise un bando per aiutare economicamente volesse aprire un bed and breakfast. All’epoca ci fu un solo partecipante. L’anno scorso, con Scicli conosciuta in tutto il mondo grazie alla serie televisiva, all’amministrazione risultavano operativi 274 bed and breakfast, per un totale di 3.500 posti letto.
Più turisti, più posti di lavoro e meno terreno fertile per la mafia. Di malaffare e malavita Camilleri ne parla in quasi tutti i suoi libri, spesso con un accenno veloce ma pesante come un macigno. A volte la mafia fa da sfondo con la lotta dei Cuffaro e dei Sinagra per controllare il territorio. Montalbano spesso parla con boss, piccoli delinquenti e politici corrotti, sta al loro gioco ma sa quando tirare il freno e far svoltare l’indagine. Più umano di così…