Sbarco sulla Luna, 50 anni fa il passo più lungo dell'umanità
Il 20 luglio 1969 l'equipaggio dell'Apollo 11 conquistò il suolo lunare: Neil Armstrong e "Buzz" Aldrin vi piantarono la bandiera americana e mostrarono al mondo che il cielo non è poi così lontano
"Questo è un piccolo passo per l'uomo, ma un grande passo per l'umanità". Pur scervellandosi, non viene in mente una frase migliore per iniziare a parlare del più grande viaggio che l'uomo abbia mai compiuto: lo sbarco sulla Luna. E pensare che quella frase il comandante della missione Apollo 11, Neil Armstrong, l'aveva ideata una sera a casa durante una partita a Risiko, come ha rivelato suo fratello Dean. A cinquant'anni da quello storico giorno, il 20 luglio 1969, l'umanità, comprese le generazioni che non hanno vissuto di persona quei momenti, ha ancora nelle orecchie e negli occhi quei suoni e quelle immagini, e coltiva ancora la speranza di conquistare il cosmo e di avvicinare i propri sogni alla realtà, lasciandovi sopra un'impronta indelebile.
Ad imprimere la prima orma umana sulla Luna è stato l'astronauta della Nasa
Neil Armostrong, seguito da
Edwin "Buzz" Aldrin. Il terzo membro dell'equipaggio,
Michael Collins, ha invece mantenuto il controllo della missione a bordo del modulo Columbia. Per
due ore e 31 minuti, Neil è rimasto sul suolo lunare, affondandovi più che poteva l'impronta di un intero pianeta.
La lunghissima notte della Luna - Quel giorno di cinquant'anni fa 900 milioni di persone in tutto il mondo rimasero incollate davanti alla tv. Solo in Italia erano in 30 milioni a non volersi perdere le immagini dell'approdo di quei marinai spaziali commentate dal mitico Tito Stagno, nella scatenata corsa allo spazio fra Stati Uniti e Unione Sovietica, nel più ampio scenario della Guerra Fredda. Lo sbarco sulla Luna del 1969 fu il primo vero evento mediatico globale e appassionò milioni di persone. Soltanto in Italia lo "Speciale Luna" durò oltre 28 ore. La lunga diretta fu possibile grazie alla prima grande antenna parabolica, installata al Centro Spaziale del Fucino, vicino a L'Aquila, solo pochi anni prima.
Sbarco sulla Luna, 50 anni fa il "passo" più lungo dell'umanità
"L'aquila è atterrata": quando queste parole, pronunciate dal comandante Armstrong, arrivarono nitide al centro di controllo della Nasa a Houston, il mondo non fu più lo stesso. L'aquila, "Eagle", era il nome del modulo lunare utilizzato nella missione. Quelle immagini in bianco e nero annunciavano un futuro luminoso e quasi fantascientifico, nel quale i collegamenti fra la Terra e la Luna sarebbero stati la regola. Una speranza che però si scontrò con il cielo: la (rin)corsa alla Luna durò pochissimi anni, poco più di tre, e vide altre sei missioni in tutto. L'11 dicembre 1972 il comandante della missione Apollo 17, Eugene Cernan, fu l'ultimo uomo a lasciare la sua impronta sul satellite dei poeti.
Verso l'allunaggio: il contesto - Lo sbarco sulla Luna era stato il risultato di una corsa allo spazio tra Stati Uniti e Unione Sovietica, virtualmente scatenata il 4 ottobre 1957 dal "bip" del primo satellite artificiale, il sovietico Sputnik. Da allora le due superpotenze avevano con smania inseguito un record dopo l'altro senza risparmio di colpi. Inizialmente non sembrava esserci partita: il 3 novembre 1957 lo Sputnik 2 aveva portato nello spazio il primo essere vivente, la cagnetta Laika, e il 12 aprile 1961 era arrivato in orbita il primo uomo, Yuri Gagarin. Poco più di un mese dopo quell'evento storico, John F. Kennedy annunciava al Congresso l'inizio del Programma Apollo. Alla fine del decennio gli Stati Uniti "faranno atterrare un uomo sulla Luna e lo faranno tornare, sano e salvo, sulla Terra". Una sfida folle, un'impresa riuscita.
La Luna e il Papa - Qualche giorno prima dello Sbarco, il 13 luglio, l'attesa era spasmodica. Sarebbe stata l'ultima domenica di un mondo senza uomini allunati. Un evento tanto epocale non poteva non smuovere anche chi al cielo, per vocazione, guarda con gli occhi della fede: il Papa. "La fantascienza diventa realtà": così Paolo VI commentava quel "fatto singolarissimo e meraviglioso" che invitava il mondo intero "a meditare sul cosmo, che ci apre davanti il suo volto muto, misterioso, nello sconfinato quadro dei secoli innumerevoli e degli spazi smisurati". Il Pontefice avrebbe parlato nuovamente della missione spaziale nell'Angelus della domenica successiva, il 20 luglio 1969, il giorno prima dell'allunaggio. I toni erano mano entusiastici, complice anche la consapevolezza dell'orrore delle guerra in atto in Vietnam, Africa e Medio Oriente: "Possa il progresso, di cui oggi festeggiamo una sublime vittoria, rivolgersi al vero bene, temporale e morale dell'umanità".
Sbarco sulla Luna, la carta d'identità del nostro satellite
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