Luna, Usa: "L'impronta di Armstrong diventi patrimonio dell'Umanità"
Cinquant'anni dopo la missione spaziale di Apollo 11 non c'è nessuna normativa internazionale che preservi Tranquillity Base, il luogo dell'allunaggio degli americani
Cinquant'anni dopo quel 20 luglio 1969 che sancì l'approdo dell'uomo sulla Luna, non c'è una normativa internazionale che preservi il luogo dell'allunaggio. Dove, cioè, furono mossi i primi passi umani sul suolo lunare da Neil Armstrong e compagni, dove fu piantata la bandiera americana e dove furono lasciati diversi cimeli della missione spaziale Apollo 11: quell'area, insomma, ribattezzata "Tranquillity Base". Così gli Usa corrono ai ripari, chiedendo che proprio l'orma di Armstrong diventi patrimonio dell'Umanità per non permetterne la distruzione con i prossimi sbarchi.
L'impronta del Moonboot di Neil Armstrong patrimonio dell'umanità insieme alla bandiera a stelle e strisce piantata sulla Luna dall'equipaggio dell'Apollo 11 il 20 luglio di cinquanta anni fa? L'anniversario dello sbarco rilancia il pressing per una forma di protezione internazionale della legacy lasciata dagli astronauti della Nasa sul satellite della Terra.
"C'è molta attenzione da parte dell'amministrazione Usa e se ne continuerà a parlare a lungo", affermano all'Ansa fonti diplomatiche a conoscenza del problema. Armstrong e Aldrin lasciarono sulla luna un centinaio di oggetti tra cui una porzione del modulo lunare. Cimeli che sono ancora lì, presso il sito ribattezzato Tranquillity Base, circondati dalle impronte che segnarono i primi passi dell'umanità sul suolo lunare.
"Ma non c'è nulla che li protegga, nulla che proibisca di guidare sopra le impronte di Armstrong, - denuncia Steve Mirmina, specialista in Diritto spaziale alla Georgetown University di Washington. - Non una legge americana, non una convenzione internazionale che stabilisca vincoli di tutela".
Sulla Luna, a differenza della Terra dove leggi nazionali e convenzioni internazionali proteggono il patrimonio storico, artistico e culturale, vige la regola del Trattato Onu sullo spazio interplanetario del 1967 secondo cui i corpi celesti "devono essere liberi per l'esplorazione e l'uso da parte di tutti".
In altre parole, sintetizza il
New York Times affrontando il tema, chiunque in grado di allunare su Tranquillity Base potrebbe impunemente alterare un patrimonio inalienabile dell'umanità analogo ai siti archeologici sulla terra. "Quegli oggetti sono la testimonianza della storia della presenza umana sulla Luna", ribadisce Michelle Hanlon, avvocatessa spaziale e co-fondatrice della non profit For All Moonkind che sta lavorando a una cornice internazionale per la tutela dei siti lunari.
Non si tratta di preoccupazioni astratte, dopo le ultime bravate di alcuni protagonisti della nuova corsa allo spazio (Elon Musk, il fondatore di SpaceX ha recentemente lanciato una Tesla nello spazio), mentre la gara tra privati e governi per tornare sulla Luna rischia di costituire una minaccia in un ambiente non regolamentato.
Cosa fare dunque dei sei siti delle missioni Apollo, o del luogo dell'allunaggio nel 1959 del Luna 2 sovietico o ancora quello dove in gennaio la sonda Change-4 si è posata per la prima volta sul lato del satellite nascosto dalla Terra? La sfida della diplomazia spaziale è aperta. E, tra gli addetti ai lavori, c'è chi ipotizza un interesse Usa a trovare terreno comune con la Cina.
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