Libia: liberati 350 migranti scampati alle bombe sul centro di detenzione di Tagiura
Resta da verificare se la decisione del governo di Sarraj sia legata solo alle condizioni di Tagiura dopo l'attacco o sia l'inizio di quella liberazione di massa che teme l'Europa
Il governo del premier libico Fayez Al Sarraj ha liberato 350 migranti rinchiusi nel centro di detenzione di Tagiura, colpito la settimana scorsa da un raid dell'aviazione del generale Khalifa Haftar che ha provocato 53 morti. Lo rende noto la filiale libica dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). L'agenzia dell'Onu ha ringraziato il ministero dell'Interno.
Non è ancora chiaro se si tratti dell'avvio di quell'operazione di rilascio che il governo Sarraj ha minacciato qualche giorno fa, lasciando intendere di essere pronto a liberare migliaia di disperati (si era parlato di 6-7 mila). Per ora riguarda solo quelli finiti sotto le bombe di Haftar.
L'Alto commissariato dell'Onu ha assicurato che "fornirà assistenza attraverso il suo programma di risposta urbana", dando una vaga idea dell'immediato futuro di questi disperati giunti in Libia chiaramente per salpare verso l'Italia.
Resta dunque da verificare se la decisione del governo di Sarraj sia legata solo alle condizioni di Tagiura dopo l'attacco, con molti migranti che avevano iniziato anche lo sciopero della fame o sia l'inizio di quella liberazione di massa che teme l'Europa. Era stato il ministro dell'Interno Fathi Bashagha venerdì
scorso a rivelare che il governo di Accordo nazionale a Tripoli stava "considerando" la chiusura dei centri di detenzione e il rilascio di tutti i migranti "per tutelare le loro vite e la loro sicurezza", come aveva sintetizzato il suo dicastero, cercando evidentemente di dare la sveglia all'Europa. Il riferimento era stato a quasi 6.000 migranti (dato ufficioso Unhcr) detenuti in 24 centri sparsi per la Libia, di cui una quindicina sotto il controllo di Tripoli.
Anche un portavoce del sedicente esercito di Haftar aveva dichiarato disponibilità "cooperare" all'operazione, accusando Sarraj di usare i rifugiati come scudi umani in una guerra che in quattro mesi ha già superato i mille morti e lamenta oltre 5.500 feriti. Il raid della notte del 2 luglio, oltre a 53 vittime (cifra accreditata dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu), aveva provocato anche più di 130 feriti. Terrorizzati dalla possibilità di un nuovo attacco, da giorni i migranti reclamavano di essere almeno trasferiti altrove e da lunedì erano in sciopero della fame, come riferito dal sito Middle East Monitor.
A causa delle pessime condizioni di vita dei centri di detenzione libici, una loro chiusura viene auspicata da tempo dall'Unhcr, il quale però chiede che l'operazione venga "affiancata da una una presa di responsabilità" da parte dei Paesi europei per sostenere "piani di evacuazione".
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