Emilio Coveri, fondatore e presidente dell'associazione Exit-Italia che promuove il diritto all'eutanasia, è indagato dalla Procura di Catania per istigazione al suicidio di una insegnante di 47 anni che soffriva di una grave forma di depressione. A quanto pare però, l'uomo si è sentito onorato dall'accusa: "Me lo aspettavo. Ora mi onoro di essere indagato come Marco Cappato. Anche se io, a differenza sua, non ho fatto proprio nulla di eroico".
Secondo l'accusa, l'associazione Exit-Italia avrebbe "tramite mail e telefonate" aiutato la donna a decidere di porre fine alla sua vita con il suicidio assistito in Svizzera. La 47enne, Alessandra Giordano, viveva a Paternò, nel Catanese, ed era associata a Exit-Italia, ma per la Procura "appare assai dubbia la sussistenza dei requisiti richiesti per il suo suicidio legalmente assistito anche per l'ordinamento svizzero".
"Rimane il fatto", ha aggiunto il presidente di Exit Italia, "che tutti noi che crediamo veramente in quel diritto di libera scelta che ci stanno negando, siamo amareggiati: la politica, invece di discutere una normativa di legge sull'eutanasia e suicidio assistito in Italia, pensa soltanto a litigare per le solite sporche e ormai vetuste ideologie".
A queste parole di Coveri si aggiungono quelle di Silvio Viale, esponente radicale torinese e responsabile scientifico di Exit-Italia: "È necessario che il Parlamento intervenga non solo per dirimere il quesito sull'articolo 580 del codice penale, istigazione al suicidio, come richiesto dalla corte Costituzionale per il caso di Fabiano Antoniani, ma per legalizzare anche in Italia l'eutanasia volontaria come in Belgio, Olanda, Lussemburgo e Svizzera." "Exit-Italia", ha assicurato Viale, "continuerà a battersi per l'eutanasia legale volontaria in Italia e ringrazia la disponibilità delle associazioni svizzere, che hanno permesso a molti italiani di porre fine a sofferenze non più tollerabili nel rispetto delle leggi svizzere e italiane".