La notizia suscita scalpore: la mobilità condivisa ‒ il car sharing, ma anche il bike sharing ‒ coinvolge 5 milioni di italiani. Avere un mezzo di trasporto personale è avvertito sempre meno come una necessità, quanto meno è una necessità sostituibile con il possesso del mezzo quando serve.
Cʼè un altro aspetto che si coglie nel boom dei servizi di condivisione: lʼincremento della sensibilità ambientale. I servizi di sharing riguardano sempre più veicoli ecologici, elettrici, a basse emissioni inquinanti. Gli ultimi esempi ci arrivano dal Lago di Garda, dove Renault Italia ha lanciato E-Way, lʼattività di car sharing con la city car elettrica Zoe, grazie anche al contributo pari al 60% del costo da parte del Ministero dellʼAmbiente. Allʼestero spicca la recente iniziativa di Volkswagen, che a Berlino lancia un car sharing con 1.500 vetture elettriche, Golf e altre auto.
La cultura della condivisione si sta aprendo ad altri veicoli, come biciclette, scooter, monopattini. Nel 2018 i servizi attivi in Italia sono stati 363, 14 in più del 2017 e con 5,2 milioni di utenti iscritti (spesso però lo stesso soggetto sʼiscrive a più servizi), vale a dire un milione dʼiscrizioni in più del 2017. Gli spostamenti in sharing sono stati 33 milioni nel 2018, il doppio del 2015.
E già si sta aprendo una nuova frontiera: quella della condivisione fra privati, il peer-to-peer, grazie al quale se la “mia” macchina non mi serve la dò in prestito a un altro. Su Alfa Romeo Giulietta il primo esempio della nuova strategia di sharing. Come ha spiegato il ministro dellʼAmbiente Sergio Costa, “le nostre auto restano parcheggiate per il 92-95% del tempo, questo è il paradosso della motorizzazione privata di massa, che porta a spreco di spazio pubblico, di risorse economiche e naturali”.