Davide Ciarrapica, fondatore e volontario di Orphan’s Dreams Onlus, nega le accuse contro la sua Onlus e i presunti casi di pedofilia e molestie di cui Silvia Romano, la volontaria sparita il 20 novembre da Chakama, in Kenya, era venuta a conoscenza. Secondo alcune ricostruzioni, i due si erano conosciuti a una festa di beneficenza e da quel momento la ragazza avrebbe deciso di prestare servizio nel centro per bambini nel villaggio di Likoni.
Qui, però, sarebbe stata testimone di "cose poco corrette e imbarazzanti", come denunciato da una donna le cui figlie frequentavano proprio quel centro. C'è anche un messaggio vocale WhatsApp inviato dalla volontaria presumibilmente a Lilian Sora, fondatrice di Africa Milele, una Onlus per la quale la nostra connazionale lavorava poco prima di sparire. La ragazza affermava di essersi andata alla polizia locale per denunciare "atteggiamenti equivoci nei confronti di alcune bambine" da parte di un uomo, Francis Kalama. Quest'ultimo però, oltre a essere sparito nel nulla, non è mai stato arrestato, come invece fu promesso dagli agenti alla cooperante. Il nome dell'uomo, infatti, non risulta in nessun fascicolo di notifica di denuncia. Il rapimento, quindi, sarebbe stato messo in pratica non per ottenere un riscatto da parte dei sequestratori, di cui tre si trovano in carcere, ma soltanto per non far parlare Silvia.
Davide, cosa rispondi alle dichiarazioni che vedono la tua Onlus coinvolta in casi di molestie su minori?
"Respingo le accuse, perché non è stata fatta alcuna verifica prima di accostare il mio nome e quello della mia Onlus a vicende per il momento ancora ipotizzate e delle quali non so e non ho mai saputo nulla. La struttura nella quale collaboro è aperta a tutti, la documentazione a disposizioni di tutti. Ho già collaborato con le autorità e lo farò ogni volta che sarà necessario. Non posso accettare che un progetto di aiuto e assistenza bello come Orphans’s Dream possa essere infangato in questo modo".
Se non è stata svolta nessuna verifica, per quale motivo sono state mosse queste accuse a tuo carico? "Probabilmente allo scopo di tenere alta l'attenzione sul rapimento di Silvia Romano, di cui da diverso tempo non si aveva alcuna notizia. Al momento il mio avvocato sta esaminando la vicenda per decidere se e come agire".
Alcune testate hanno raccontato che una giornalista si è presentata alla sede della tua Onlus dicendo di essere una dottoressa e di essere stata accolta con gioia da una volontaria, perché nella struttura si trovava una 14enne incinta che necessitava delle cure. A chi si riferiscono? "A nessuno, perché non c’è nessuna ragazza incinta e niente del genere è mai successo. La donna in questione si è effettivamente recata da me chiedendo di poter collaborare con la Onlus. Le ho risposto di tornare con un curriculum e con le brochure delle associazioni con cui ha lavorato precedentemente, ma non si è mai più presentata".
A questa vicenda è stato accostato anche il nome del tuo socio, Rama Hamisi Bindo. Pare che suo padre sia un influente politico keniota e che quindi il figlio godrebbe di “protezioni insospettabili”, utili a nascondere eventuali attività illecite. E' effettivamente così? "Sono affermazioni del tutto false. Il padre del socio è mancato molti anni fa, quando Rama aveva 20 anni".
Ritieni che la causa del rapimento di Silvia potrebbe essere la conoscenza di casi di pedofilia e molestie su minori che aveva denunciato? "Potrebbe essere. In Kenya questa è una situazione reale e concreta e che indubbiamente deve essere contrastata ma nessuna Onlus e nessun volontario, né italiano né straniero, è assolutamente coinvolto. L’uomo a cui Silvia fa riferimento nel suo messaggio vocale, Francis Kalama, è un pastore anglicano che si trovava a Marafa, un villaggio distante tre e ore e mezzo da luogo dove si trova la mia struttura. Un nome che ho sentito solamente quando è uscita la notizia della denuncia di Silvia".