Con il sold out allo stadio San Siro di Milano Ed Sheeran ha chiuso il suo minitour in Italia, il primo negli stadi, iniziato a Firenze è passato poi per Roma. Solo con una chitarra e una loop station. Il cantautore di Halifax ha dimostrato di saper tenere in pugno una folla di 60mila persone, legando a sé il pubblico brano dopo brano con la forza delle canzoni e una straordinaria empatia.
L'interrogativo di molti era legato alla possibilità di riuscire a condurre uno show solo chitarra e voce in uno spazio così ampio e dispersivo come uno stadio. Se a fornire la risposta non bastasse un tour durato quasi due anni (dall'uscita dall'album dei record "Divide") a suon di sold out, Ed Sheeran ha tolto ogni dubbio con quasi due ore senza cali di tensione. A lui non servono una band o effetti speciali. Gli basta un canzoniere variegato e che sa toccare le corde più profonde di un pubblico costituito principalmente da giovanissimi che non si vergognano di lasciarsi andare al romanticismo, e una personalità e una sicurezza nei propri mezzi che gli permettono di annusare la tensione dello spettacolo come un vero animale da palcoscenico, capace di coinvolgere il pubblico quando è necessario e poi di trascinarlo senza troppi "trucchetti". E' grazie a questi elementi che nel giro di pochi anni ha compiuto una scalata che, successi mondiali a parte, è certificata dalla crescita esponenziale delle location in cui si è esibito a Milano: dai pochi intimi della Santeria Club nel 2012 a San Siro, passando per un club medio e un palazzetto.
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Alle 21 in punto sale sul palco. Armato solo della sua chitarra acustica, collegata a una loop station che gli serve per dare corpo ad arrangiamenti che devono adattarsi all'esecuzione in solitaria. Dettagli per un pubblico che già con l'attacco di "Castle On The Hill" è pronto a farsi trasportare. Il palco è probabilmente il più piccolo mai visto a San Siro ma poco importa. In fondo anche la struttura a parallelpipedo che ricorda una mezza giostra, tocco scenografico necessario in un catino enorme come questo, non è decisiva ai fini dello spettacolo, ma è giusto la ciliegina sulla torta. Sheeran imbastisce da subito un concerto in cui l’intimità, pur in uno spazio grande come questo, diventa l’elemento di forza. Si susseguono "Eraser" e "The A Team" (e con il calar della sera si accendono le prime luci dei cellulari), ma soprattutto tra un pezzo e l'altro lui parla raccontandosi. In "Don't/New Man” il maxi schermo lo moltiplica così come moltiplicata è la sua voce che con la loop station gli fa i cori. Con il pubblico fa un vero e proprio patto invitando tutti a urlare più forte possibile. "Domani non so dove sarò, oggi sono a Milano e sono disposto a perdere la mia voce per voi se voi la per me". Inutile dire che il pubblico non pensa un secondo a dare il proprio assenso. E ne dà subito prova cantando a squarciagola "Dive".
Dopo un'infuocata "Bloodstream", tocca a "I Don't Care", originariamente cantata in coppa con Justin Bieber e contenuta nel nuovo album in uscita "No. 6 Collaborations Project". La versione live, acustica e cantata da solo, è ovviamente diversa, ma non lo è l'effetto sulla gente, che canta con lui dall'inizio alla fine. Prima della canzone successiva il cantautore lancia un'altra sfida al pubblico. Dopo aver dimostrato di essere quello più rumoroso deve dimostrare di poter essere quello più silenzioso, per una canzone davvero intima. E San Siro ammutolisce ascoltando "Tenerife Sea".. Il medley di "All Of The Stars / Hearts Don't Break Around Here / Kiss Me / Give Me Love" è l'occasione per fare dei fan il terzo strumento a disposizione, e così Sheeran si ritrova a cantare su un super coro istruito a dovere sulle parti da eseguire. "Galway Girl" rialza la temperatura prima di un secondo medley che mostra la faccia più soul e intensa di Ed, con "Poor Wayfaring Stranger" e "I See Fire".
"Thinking Out Loud" è uno dei momenti più attesi e non può che essere sottolineato da luci e cori. Sheeran sovverte anche le classiche regole dei concerti, dove il finale è tutto in crescendo. Qui invece si imbocca uno scivolo verso il romanticismo e l'intimismo. Prima con "Photograph" e poi con "Perfect", il cui ultimo ritornello viene cantato in italiano. "Nancy Mulligan" è la miccia folk prima del commiato di "Sing", esplosione di colori anche visiva, con la giostra che si mette a girare. Seguita dagli inevitabili bis. Il primo dei quali è "Shape Of You". Lui si presenta sul palco con la maglia (bianca) della nazionale italiana scatenando un boato e lancia l'inconfondbile loop di percussioni che fa da base al pezzo. Finale in gloria con "You Don't Need Me, I Don't Need You".