Arriva una rivelazione decisiva per il caso dei tre napoletani spariti in Messico a gennaio 2018. L'avvocato Claudio Falleti, ha pubblicato una intercettazione che potrebbe incastrare "el Quince", il criminale messicano ritenuto responsabile del rapimento. L'uomo avrebbe chiesto al boss di un cartello locale come comportarsi con due italiani "in suo possesso", ricevendo in risposta un secco "fatene ciò che volete".
"Dalle indagini emerge un elemento non dichiarato dalle autorità locali - spiega Falleti, il legale delle famiglie degli italiani spariti - ovvero che il "Quince" era a conoscenza del rapimento. Ma c'è di più, sulla macchina guidata da Raffaele (il primo ad essere rapito) sono state trovate delle impronte digitali e siamo ancora in attesa dei risultati delle analisi". Falleti, poi, ha attaccato le istituzioni messicane: "Dopo un anno e mezzo di lavoro processuale vogliamo risposte sia dai tribunali che dalla politica. Il sottosegretario Merlo è in partenza per una missione che toccherà anche questo tema. Speriamo che tutto il lavoro svolto assieme all'avvocato Herrera di Madrid possa essere d'aiuto". Nel frattempo, il presidente dell'Unione Internazionale degli Avvocati ha depositato solleciti e ricorsi alla Corte dei Diritti Umani dell'Onu e ha anche inviato una lettera al presidente messicano Andres Manuel Lopez Obrador, chiedendo la velocizzazione delle indagini.
La scomparsa - I tre napoletani sparirono un anno e mezzo fa nei pressi di Tecaltitlan, nell'entroterra dello stato di Jalisco. In questa città Raffaele Russo, 60 anni, vendeva da tempo prodotti acquistati a Napoli da negozi cinesi e da pochi giorni era stato raggiunto dal figlio Antonio Russo, 25 anni, e dal nipote Vincenzo Cimmino, 29 anni, chiamati entrambi per aiutarlo nell'attività commerciale. Stando alle ricostruzioni delle forze dell'ordine, le tracce di Raffaele si sono perse il 31 gennaio 2018, durante un viaggio di lavoro in un furgone a noleggio. I nipoti, non riuscendolo più a contattare, sono andati nel luogo in cui l'automobile segnava l'ultima posizione, senza trovare nulla. Al ritorno in città, poi, sono stati fermati da alcuni agenti della polizia che hanno obbligato i due italiani a seguirli "per un controllo".
Arresto e smentita - "Mentre l'auto era scortata dai poliziotti, Antonio è riuscito a mandarmi alcuni messaggi, poi è diventato anche lui irreperibile - spiega Daniele, il fratello - siamo allora andati al commissariato di polizia di Tecaltitlan per denunciare la scomparsa dei tre. In un primo momento i poliziotti ci hanno detto che Antonio e Vincenzo erano stati arrestati, mentre di Raffaele non sapevano nulla. Poi hanno negato tutto".
Nessuna richiesta di riscatto - In un primo momento gli investigatori pensavano si trattasse di un rapimento con richiesta di riscatto, una pratica comune per la criminalità locale ma, in oltre un anno di attesa, non sono mai arrivati messaggi da parte dei rapitori. Si è passati così a valutare l'ipotesi che i napoletani portassero avanti un'attività illecita. Una tesi sostenuta anche dal procuratore di Jalisco, Raul Sanches quando affermò ai microfoni della Bbc che i tre napoletani erano famosi per "vendere prodotti di bassa qualità a prezzi elevatissimi, spacciandoli per macchinari eccellenti". I familiari, però, hanno sempre negato quest'ipotesi, così come hanno sempre sostenuto che fra i napoletani e la criminalità messicana non ci siano mai stati rapporti.
Il furgone e la banda criminale - La prima notizia è arrivata tre mesi dopo il rapimento: i poliziotti che avevano fermato l'auto di Antonio Russo e Vincenzo Cimmino confessarono che, in realtà, avevano avuto l'ordine di consegnare i due italiani alla Jalisco New Generation, un potente cartello della droga locale. Poco tempo dopo, a luglio 2018, le autorità messicane trovarono il furgone di Raffaele abbandonato ad Apatzingàn, una cittadina situata a circa 160 chilometri dal luogo del rapimento.
L'arresto del "Quince" - La scoperta del furgone è arrivata assieme a un'altra notizia: l'arresto di Jose Guadalupe Rodriguez Castillo, soprannominato "el Quince", da parte delle forze speciali di polizia messicane. L'uomo era legato a uno dei clan criminali più potenti di Jalisco ed è emerso subito il suo legame con il rapimento dei tre italiani grazie alle testimonianze dei poliziotti corrotti che, secondo la versione raccontata agli investigatori, hanno consegnato Antonio e Vincenzo a un personaggio soprannominato "Don Lupe", che è un altro dei nomi usati dal "Quince". Adesso, con la pubblicazione dell'intercettazione, la posizione di Castillo si aggrava ulteriormente e si potrebbe finalmente fare il passo decisivo per capire quale sia stato il destino dei tre italiani rapiti.