Un decimo di secondo: è questo il tempo che impieghiamo per farci un’idea della persona che abbiamo di fronte. Occorre invece molto tempo per modificare questo primo giudizio: ecco perché è importante, specie in certe situazioni, presentarsi sotto la miglior luce possibile fin dal primo sguardo, dato che il meccanismo della “prima impressione” scatta prima ancora che pronunciamo una sola parola. Certi aspetti non possono essere tenuti completamente sotto controllo perché dipendono da fattori inconsci, ma certi altri dipendono interamente da noi.
GLI ASPETTI INCONSCI – Non tutto è sotto il nostro controllo. Ad esempio, il nostro odore, il fatto che quando siamo nervosi tendiamo a sudare maggiormente, oppure il fatto che indossiamo gli occhiali o abbiamo pochi capelli in testa. Eppure tutto questo ha un peso. Se non possiamo cambiare i nostri tratti somatici, possiamo però intervenire sui messaggi lanciati dal nostro linguaggio corporeo, ad esempio possiamo sorridere di più, guardare negli occhi il nostro interlocutore in modo franco e aperto (senza fissarlo) e assumere atteggiamenti di serena fiducia in noi stessi che ci facciano percepire come affidabili e sicuri di noi stessi, senza cadere nell’arroganza. Uno studio, realizzato qualche anno fa nel Regno Unito dalla Durham University, ha evidenziato che camminare con un portamento elastico e rilassato fa supporre che la persona sia avventurosa ed estroversa. Chi invece ha un'andatura più nervosa è percepito come insicuro e nevrotico, quindi meno affidabile.
IL LOOK – L’abito, ahimè, fa ancora il monaco. Quello che indossiamo indica chiaramente il nostro status e influenza in modo importante l’opinione che gli altri si fanno di noi. Un vestiario curato viene correlato immediatamente a una persona per bene. Lo ha dimostrato uno studio condotto dagli psicologi del Laboratorio delle Tecniche di influenza di Vannes. Nell'esperimento, un ricercatore, vestito a volte in jeans e sneakers, altre in giacca e cravatta, sottraeva un disco dagli scaffali di un negozio di musica sotto gli occhi di altri clienti. Il furto veniva denunciato dai presenti nel 35% dei casi quando il ricercatore era vestito casual e nel 10% quando era elegante. Per questo è di fondamentale importanza scegliere il vestiario e la pettinatura più appropriato quando ci si presenta, ad esempio a un colloquio di lavoro, o quando vogliamo fare colpo su una persona a cui siamo interessati.
LA STRETTA DI MANO – E’ il nostro primo biglietto da visita, di importanza fondamentale e spesso sottovalutata. Una stretta con una mano molle e sudaticcia è un pessimo modo di presentarsi, perché fa presagire un soggetto senza energia e senza volontà. Nel saluto le mani devono essere asciutte e ferme, ma non devono stritolare l’arto altrui: oltre a provocare dolore, una stretta di questo tipo è considerata troppo aggressiva ed egocentrica. Secondo il galateo, si deve porgere la destra a palmo aperto con il pollice rivolto perso l’alto e aspettare che l’altro la prenda e la stringa. Se ci troviamo davanti a una persona superiore a noi per rango e posizione, si deve attendere che sia l’altro a porgere la mano. E, se fa freddo e si indossano i guanti, occorre toglierli senza esitazione prima di salutare.
PERCHE’ LA PRIMA IMPRESSIONE E’ TANTO IMPORTANTE – Gli esseri umani tendono a semplificare il più possibile le valutazioni, anche ricorrendo a stereotipi e persino a pregiudizi. Entro certi limiti questa “economia” di tempo e di energie è utile e comprensibile: se abbiamo letto un libro di un autore che ci piace è normale andare sul sicuro e leggere anche le altre opere di quello scrittore. Ma questo meccanismo automatico di valutazione nasconde alcune trappole e ci può portare a un corto circuito di valutazione. Il grasso corporeo di una persona in sovrappeso, ad esempio, una volta era considerato segnale di ricchezza e di opulenza, mentre adesso viene letto come segno di pigrizia, mancanza di autocontrollo e quindi di affidabilità. Tutto questo avviene perché affidarsi a un’idea che ha già dimostrato la sua validità in passato è meno faticoso per il cervello che in questo modo risparmia attività ed energia. Ancora più profondo è il meccanismo che ci porta ad essere diffidenti nei confronti di persone di etnia diversa dalla nostra. Il fatto di trovare rassicurazione in individui simili a noi dipende in questo caso da meccanismi atavici: in certi momenti della storia umana il fatto di distinguere al volo un individuo del nostro clan da un intruso e potenziale nemico, poteva fare la differenza tra vivere o morire. Ecco perché ci sentiamo più a nostro agio con chi è simile a noi: per stabilire una sintonia immediata, gli esperti perciò suggeriscono di imitare il linguaggio del corpo e alcuni dei gesti del nostro interlocutore, per creare una maggiore affinità.