Commando: il lupo solitario delle sale giochi
Nello stesso anno in cui Schwarzenegger recitava nell'omonimo film, Capcom scatenava un videogioco di guerra dal sapore particolare
Quando si parla di Capcom e sale giochi c’è sempre il rischio di imbattersi in qualche pietra miliare e questa volta non fa eccezione: ricordiamo infatti Commando, sparatutto bellico uscito nel 1985 ad opera della software house di Street Fighter e Resident Evil. Sebbene condivida l’anno di uscita con l’omonimo film con Arnold Schwarzenegger, in realtà Commando non ha nulla a che vedere con esso, raccontando invece la storia di un anonimo soldato noto come "Il lupo del campo di battaglia" (che, tra l’altro, è anche il titolo giapponese del gioco).
Costui viene inviato in una missione solitaria in quella che pare una versione digitale del Vietnam, impegnato ad eliminare più nemici possibili e a salvare commilitoni rapiti, già che c’è. Il gioco riprende da vicino il gameplay del precedente Front Line di Taito (classe 1982), permettendo al giocatore di muoversi e sparare nelle otto direzioni, nonché di lanciare delle letali granate disponibili in quantità limitata.
A prendere le distanze dal predecessore ci pensa uno stile grafico molto più rifinito e realistico, dotato di quelle accattivanti palette di colori pastello a cui la Capcom di quegli anni ci ha abituati.
Non ci sono potenziamenti, in Commando: la missione andrà svolta tutta usando il fucile in dotazione. Al limite possiamo raccogliere provvidenziali scatole di granate sparse qui e lì (e scioccamente lasciate incustodite dai nemici). Il tutto si traduce in un gameplay essenziale, coi proiettili che procedono a velocità stranamente ridotta (manco usassero delle fionde) e le ondate di nemici che attaccano in modo ordinato.
Ogni tanto capita di intravedere sul campo di battaglia dei commilitoni che vengono scortati via da due carcerieri: eliminando questi ultimi si libera il malcapitato, ottenendo punti bonus, ferma restando la possibilità di sbagliare mira e fare fuori (anche) il poveretto. Niente "boss" al termine dei livelli a scrolling verticale: al contrario, ci attendono dei fortini che spalancheranno le porte, rovesciando su di noi sciami di soldati.
Ad accompagnare le sparatorie troviamo l’incalzante colonna sonora scritta da Tamayo Kawamoto, compositore storico di Capcom, ciliegina sulla torta per un videogame che ha riscosso tanto successo nelle sale di tutto il mondo. E che cosa accadeva all’epoca quando un coin-op aveva così tanto successo? Esatto: arrivava su home computer.
Ecco fioccare le conversioni per sistemi da casa, tra le quali spicca l’eccellente porting per Commodore 64, diventato rapidamente un best-seller per questo computer 8 bit. Per le console invece il gioco è arrivato su Nintendo NES in un’interessante versione rivisitata e persino su Atari 2600, in un porting tanto coraggioso quanto limitato.
La marcia di Commando non si esaurisce col primo capitolo: Capcom lancia infatti nel 1990 un seguito non propriamente diretto intitolato Mercs, che tra le varie aggiunte include scrolling multi-direzionale, veicoli da pilotare, armi speciali e possibilità di giocare in 2-3 partecipanti, a seconda della versione. Anche Mercs è un discreto successo e arriva su home computer (con una simpatica versione per Amiga) e console.
Per vedere un terzo Commando dovremo aspettare fino al 2003, quando Capcom pubblica per PlayStation 3 e Xbox 360 il discreto Wolf of the Battlefield: Commando 3, creato da Backbone Entertainment e sviluppato per l’occasione in grafica tridimensionale. I fasti - e l’originalità - del gioco originale sono lontani, ma si tratta comunque di uno sparatutto piuttosto gradevole che mette (per ora) la parola fine a questa importante trilogia.
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