L'intervista

“Le auto Lamborghini simbolo dei valori italiani di artigianalità ed eccellenza”

Il presidente e amministratore delegato Stefano Domenicali racconta a Tgcom24 i prossimi obiettivi della casa automobilistica del toro

© tgcom24

È un parco auto che si tinge dei colori italiani quello proposto da Lamborghini a Milano2. Rosso, bianco e verde come la bandiera nazionale. Dalla iconica Aventador SVJ, presentata nell’ultimo modello a 12 cilindri, alla Urus 650 cavalli, la Lamborghini "camuffata" da Suv che permette al conducente di non essere da solo con il passeggero, ma di viaggiare con la famiglia e con gli amici. E ancora la Huracàn Spyder da 10 cilindri, la più piccola del portafoglio, che Stefano Domenicali, presidente e amministratore delegato della casa automobilistica del toro, definisce un “giocattolino che dà emozioni uniche alla guida, con un’impronta sempre più volta a integrare nuovi sistemi di connettività”.

Lamborghini è un marchio che continua a essere simbolo del made in Italy, anche se è oggi di proprietà straniera, fa parte del Gruppo Volkswagen... 
Rappresentiamo un esempio vincente, i capitali stranieri vengono nel nostro Paese per investire e continuare la tradizione automobilistica italiana. Questo dimostra che l’italianità è un valore assoluto, che deve essere sempre più promosso. Siamo orgogliosi di far parte di un sistema che promuove l’artigianalità, la manifattura e la grande eccellenza italiana, incentivando le competenze che si trovano solo nel nostro Paese.

Cosa si deve fare per proteggere i grandi brand italiani?
Tante volte viene fatta un’associazione sbagliata tra quello che è il mondo del lusso, del made in Italy, rispetto a quello che rappresenta. Noi abbiamo la responsabilità del sistema industriale di promuoverlo e il nostro sistema politico deve permettere di far conoscere le competenze e i veri valori si nascondono dietro questo settore.
 
Dall’Italia al resto del mondo, le prospettive sui mercati esteri per Lamborghini si stanno estendendo anche in Asia.
Il 95% delle vendite di Lamborghini è all’estero. Il più grande mercato oggi rimane quello degli Stati Uniti, ma il grande sviluppo industriale del Far East ci fa vedere questa parte del mondo come un’area di grande sviluppo futuro. Certo, ci sono sensibilità e gusti diversi, ma essendo Lamborghini un marchio molto giovane, ci fa ben sperare in una crescita importante anche in Oriente.

Tradizione ma anche innovazione, in materia di auto ibride quali sono le novità?
Stiamo lavorando intensamente sull’ibridazione, i temi legati alle omologazioni ci portano in quella direzione. Non ho mai detto, in maniera definita, quando lanceremo sul mercato le auto ibride. Ci stiamo preparando, ma in questo momento sarebbe come tarpare le ali a un prodotto che sta andando benissimo, che sta avendo un grande successo. Al momento opportuno saremo sul mercato con i modelli di Aventador, di Urus, ma non perderemo l’attenzione verso il motore tradizionale, puntando sullo sviluppo del progetto tecnologico della V12 Aventador.

L’ibridazione potrebbe aprire nuove prospettive, magari la Formual E?
Noi siamo su una piattaforma diversa del motorssport, quella legata alle vetture Gt, al super trofeo, che sta andando molto bene con i nostri clienti. Le dimensioni delle Formule non ci appartengono. È un discorso relativo a priorità di investimento collegate a una dimensione che non fa parte della tradizione Lamborghini.

Tradizione Lamborghini che diventa distintiva grazie al toro, un simbolo che identifica il marchio in tutto il mondo.
Un segno comunica in fretta, è un linguaggio che viene capito ovunque, senza bisogno di tradurlo. Dietro un emblema come il toro c’è un qualcosa che è straordinario e unico. Sono le unicità italiane a renderci protagonisti nel mondo con dei valori assoluti.

Guardando al prossimo anno, quali sono gli obiettivi per il 2020?
Vogliamo stabilizzare la nostra crescita, come brand siamo inclusivi e giovani, ma dobbiamo rimanere esclusivi nell’offerta di prodotti.
 
L’intervista a Stefano Domenicali si conclude nel ricordo di Niki Lauda, scomparso lo scorso 20 maggio. I due, per tanti anni, insieme nei paddock della Formula 1. "Conoscevo Niki molto bene. Al di là di essere un campione, è stata una persona che ha cambiato il linguaggio nel mondo dei motori. È stato uno di quei personaggi che poteva permettersi un modo di comunicare diverso. Di lui ho sempre amato la sua schiettezza, il fatto che quello che vedevi davanti era quello che era, diretto, con il dono della sintesi -afferma Domenicali- .È stato un grande pilota, ma anche un grande manager. È una perdita enorme per il mondo della Formula 1. Però questa è la vita, guardiamo avanti nel ricordo di un uomo che ha lasciato e lascerà sempre un’impronta indelebile".