La provocazione sembra scaturita da una necessità di sopravvivenza. I negozianti pensano di far pagare almeno 10 euro per concedere ai clienti di provare la merce che hanno in vetrina. Perché? Per disincentivare, forse, la cattiva abitudine dei clienti di entrare, chiedere, provare in camerino, farsi dare un consiglio e poi andarsene via con un bel "Grazie, ci penso". Tanto poi l'acquisto lo fanno dal PC, nelle boutique online che, si sa, possono permettersi prezzi più bassi.
L'e-commerce italiano viaggia su buoni numeri: gli acquisti sono cresciuti del 15% rispetto al 2017 (l'abbigliamento del 21%). Un terzo delle transazioni è tramite smartphone e genera un fatturato di 35,1 miliardi di euro. Gli e-shopper del nostro Paese sono circa 25 milioni: il 78% fa un acquisto almeno una volta al mese. Spesso, nelle offerte on line si trovano parecchie occasioni.
I negozianti tradizionali hanno però dichiarato aperta battaglia ai concorrenti del web. "Per provare le scarpe si pagano 10 euro", ha scritto Mara Magherini, titolare di una boutique in centro a Sarzana, in provincia di La Spezia, esasperata da giorni passati ad accontentare i clienti che volevano soltanto provare, senza compare nulla. La "caparra" viene detratta dall'acquisto finale e, se la compravendita non va in porto, i soldi vengono scalati dal prossimo eventuale capo acquistato.
Anche a Milano, in Sicilia, e Trentino Alto Adige hanno optato per questa politica commerciale. A Trento da diversi anni iun negozi di articoli sportivi ha deciso di esporre la merce con una doppia etichetta: il prezzo web (come si trova negli store online) e il costo con la prova. Chi sceglie di testare un paio di scarpe tecniche, chiedendo una consulenza sulla qualità e sulle specifiche del prodotto, e alla fine decide di non acquistarle, paga 10 euro.
Il direttore generale di Confcommercio Ascom Bologna, Giancarlo Tonelli spiega le regole da seguire: "Non esiste una legge che autorizzi questa pratica, ma non ne esiste nemmeno una che la vieti. Giusta o sbagliata? È frutto del cambiamento nelle abitudini dei consumatori. Il commerciante deve, però, esporre il cartello o spiegare verbalmente che per la consulenza all’acquisto deve essere versata una cifra. Spesso gli esercenti sono assaliti dai clienti che chiedono di provare sette paia di scarpe, senza comprarne una". Anche il comandante della polizia municipale di Trento, Lino Giacomoni, è dello stesso parere: "Questo comportamento anti Amazon non è un abuso, ma deve essere pubblicizzato".
Ma la decisione ha sollevato un mare di polemiche e l'ira di chi fa shopping. Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori, si schiera dalla parte della clientela: "Diffidate dei vestiti o degli accessori che possono essere solo guardati. Ora ne aggiungiamo un altro: state alla larga da quei negozi che vi vogliono far pagare per provarli".