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Trattativa Stato-mafia, chiesta una condanna a 9 anni per Mannino

L'ex ministro Dc siciliano è imputato al processo d'appello per aver avviato un negoziato con Cosa Nostra per evitare di essere ucciso durante il periodo stragista. In primo grado era stato assolto

ansa

Chiesta la condanna a nove anni di carcere per l'ex ministro democristiano Calogero Mannino, imputato di minaccia a Corpo politico dello Stato nel processo d'appello sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Secondo il pg, Mannino, nella lista dei nemici che Cosa Nostra aveva deciso di eliminare per "saldare i conti" con chi non aveva mantenuto i patti, avviò, grazie ai contatti con il Ros, una trattativa con le cosche per salvarsi la vita.

"Le acquisizioni probatorie confermano il timore dell’onorevole Mannino di essere ucciso, così come sostenuto dall'accusa, e le sue azioni per attivare un turpe do ut des per stoppare la strategia stragista attivata da Cosa Nostra”, ha detto il pg Sergio Barbiera nel richiedere la condanna dell’ex ministro dopo l'assoluzione in primo grado poiché "il fatto non sussiste".

Il processo d'appello contro Mannino - Il processo di secondo grado a carico di Manninoè cominciato il 10 maggio 2017 davanti ai giudici della prima sezione della corte d'appello di Palermo presieduta da Adriana Piras. Due anni di udienze, dunque, con una riapertura dell'istruttoria dibattimentale in cui, tra gli altri, è stato risentito il pentito Giovanni Brusca.

La tesi della Procura generale - La tesi della Procura generale, che ha chiesto la stessa pena invocata in primo grado, è che Mannino, nella "lista" dei nemici che Cosa nostra aveva deciso di eliminare per "saldare i conti" con chi non aveva mantenuto i patti, avviò, grazie ai suoi contatti con gli ufficiali del Ros una sorta di trattativa con le cosche per salvarsi la vita.

L'assoluzione del gup nel processo di primo grado - Nel novembre 2015, Mannino era stato assolto dal gup Marina Petruzzella che aveva "bocciato" la ricostruzione della Procura di Palermo. Secondo il gup, l'ex potente politico sapendo di essere finito nella lista nera di Cosa Nostra aveva chiesto protezione ad alcuni membri dell'Arma, che, con coperture politiche, avrebbero avuto con i boss contatti per fare cessare la stagione delle stragi. Un patto che avrebbe avuto come prezzo per le istituzioni l'impunità per il boss Bernardo Provenzano, una linea meno rigorosa nel contrasto ai clan e un alleggerimento del carcere duro per i mafiosi.

L'iter processuale - Il processo a Mannino è cominciato nel 2012, il 4 novembre del 2015 c'è stata l'assoluzione e un anno dopo è stata depositata la sentenza. La scorsa settimana, davanti alla corte d'assise d'appello di Palermo, è invece cominciato il processo di secondo grado agli altri imputati della cosiddetta trattativa: ex ufficiali del Ros come Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno, i boss Leoluca Bagarella e Antonio Cinà, Massimo Ciancimino e Marcello Dell'Utri, tutti condannati, al contrario di Mannino, a pene pesantissime. Alla sbarra anche il pentito Giovanni Brusca, assolto per prescrizione del reato.

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