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Caos Libia, Conte: "C'è rischio che terroristi arrivino in Italia"

A Pechino il premier ha incontrato il presidente egiziano Al Sisi, al quale è tornato a parlare del caso Regeni: "Siamo insoddisfatti, non avremo pace finché non sapremo la verità"

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A causa della tensione in Libia, c'è "il rischio di trasmigrazione di radicali islamici" in Tunisia e in Italia. A ribadire l'allarme sul possibile arrivo di terroristi è nuovamente il premier, Giuseppe Conte. Il quale, parallelamente, assicura che i soldati italiani stanziati a Misurata "non offrono alcun supporto ad attività militari, paramilitari o altro".

Sulla situazione in Libia, ha quindi spiegato conte, "l'Italia vuole mantenersi assolutamente rispettosa delle parti, non vuole interferire nelle attività belliche in corso e mai lo farà. L'Italia vuole dialogare con tutti per una soluzione politica e mira a ottenere un cessate il fuoco per una soluzione politica".

Il premier ha quindi sottolineato che "il dossier libico coinvolge vari attori internazionali (compresi Putin e Al Sisi, con i quali il presidente del consiglio ha avuto colloqui, ndr). L'unica cosa che posso fare in questo momento è sensibilizzarli sui rischi che la situazione attuale comporta, sulla prospettiva di una seria crisi umanitaria, di una sofferenza che viene inflitta alla popolazione civile, sul rischio che nella prospettiva di combattere i terroristi islamici si possa addirittura favorire una loro trasmigrazione in Tunisia, come in parte sta gia' avvenendo, e in prospettiva anche in Italia".

Conte ha ribadito che il suo tentativo è stato quello di "sensibilizzare tutti sulla situazione attuale che non offre una prospettiva concreta di risoluzione. E' per questo che cerco di ottenere da tutti una disponibilità a perseguire la via politica. La via militare, come ho detto sia a Putin che Al Sisi, non offre soluzioni definitive alla crisi libica: è una via che non offre sin qui una soluzione e anche in prospettiva immediata non offre nessuna chance di poter stabilizzare la Libia. Ecco perché bisogna tornare a un tavolo e lavorare oggi più che mai a una soluzione politica globale in Libia che ne preservi l'unità e l'integrità territoriale e che contribuisca a restaurare il ruolo delle sue istituzioni nazionali e a eliminare il terrorismo in questo Paese fratello".

Conte, che durante il suo viaggio a Pechino ha incontrato anche il presidente egiziano Al Sisi, è poi tornato a parlare del caso Regeni, ribadendo che l'Italia non può "trovare pace finché non avrà una verità acclarata. La lettera dei genitori mi ha molto colpito, sono rimasto tanto turbato". E poiché il presidente egiziano gli ha garantito che le indagini proseguono, "ho prospettato una certa insoddisfazione perché a distanza di tempo ancora non c'è stato alcun concreto passo avanti che ci lasci intravedere un accertamento dei fatti che sia plausibile". Ad Al Sisi, ha spiegato, "ho fatto capire che non è mera ritualità chiedere notizie e aggiornamenti ma corrisponde a una sensibilità mia, del governo e dell'intero popolo italiano: non possiamo trovar pace finché non avremo una verità acclarata in via giudiziaria", una "verità giudiziaria plausibile che abbia riscontri oggettivi".

Il premier ha quindi tirato una stoccata a Parigi sulla disponibilità francese ad aderire al memorandum sulla Nuova via della Seta all'interno di una cornice Ue: "In quattordici Paesi Ue l'abbiamo sottoscritto: non siamo Paesi Ue? Non è che se la sottoscrive la Francia c'è la cornice Ue, e se la sottoscrivono gli altri non c'è. Gli amici francesi mi fa piacere si siano decisi a sottoscrivere. Noi abbiamo fatto da apripista, abbiamo ottenuto molto e abbiamo introdotto tanti principi: quando possiamo dare l'esempio siamo ben contenti di farlo".

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