La violenza come critica sociale: cosa è GTA, il videogioco delle polemiche
Spesso citato a sproposito, il videogioco marchiato Rockstar Games è un fenomeno da conoscere in profondità
Un tempo c’era il rock & roll, la musica maledetta che portava i giovani alla perdizione, oggi ci sono i videogiochi, troppo spesso collegati in modo improprio ad avvenimenti di cronaca. Ultimo in ordine di tempo, ma non nuovo a questo tipo di associazione, è Grand Theft Auto: la serie, nata nel 1997 come gioco d’azione bidimensionale e passata al 3D con il terzo capitolo nel 2001, certamente si presta a critiche per il suo approccio, in cui il giocatore è sostanzialmente chiamato a muoversi e agire nei panni di un criminale (o più di uno, nel caso dell’ultimo capitolo Grand Theft Auto V, pubblicato nel 2013) e a svolgere attività illegali di vario tipo. Nella sua declinazione multiplayer, Grand Theft Auto Online, i giocatori possono anche eseguire rapine insieme agli amici.
Una tematica certamente spinosa, che infatti condanna il gioco a un
PEGI (la certificazione che indica il pubblico adatto a giocarlo) di
18+: in sostanza,
GTA è un gioco dichiaratamente
dedicato a un pubblico adulto e costruito su trame e dinamiche pensate per videogiocatori maturi. Così come
Pulp Fiction di
Quentin Tarantino, che riprende tematiche simili in modo anche più violento, e nonostante questo è considerato quasi all’unanimità un capolavoro assoluto. E un capolavoro è anche Grand Theft Auto per come tali tematiche vengono raccontate: spesso sfugge a chi si ferma all’approccio violento che le opere ideate dai fratelli Houser sono clamorosamente
parodistiche e volutamente
grottesche nel loro svolgimento. Il problema è che per capirlo è necessario conoscerlo a fondo, Grand Theft Auto, averlo giocato, aver compreso i dialoghi e le situazioni che mette in scena, conoscere molto bene l’inglese e un certo tipo di cultura pop a cui fa costantemente riferimento.
È un peccato, insomma, che un titolo di così ampio spessore narrativo venga trattato fermandosi solo alle tematiche che affronta, banalizzandolo così come spesso avviene per film, libri o fumetti pensati per un pubblico adulto. Anche
Arancia
Meccanica, indiscutibile capolavoro di
Stanley
Kubrick, viene spesso preso come spunto quando si parla di violenza su uno schermo, senza che venga fuori con la stessa potenza la profonda
critica
sociale che il geniale regista inglese ha voluto rappresentare con il suo film.
Sono i videogiochi, oggi, a essere
un medium maturo, capace di spaziare tra i colorati mondi di
Super
Mario e di immergersi nelle problematiche adolescenziali di
Life is Strange con la stessa potenza e naturalezza. C’è la violenza di GTA e quella quasi dipinta di
Valiant
Hearts, un titolo che racconta in modo delicatissimo gli orrori della Grande Guerra. I videogiochi, insomma, sono una tela su cui si possono realizzare esperienze estremamente diversificate e adatte a tipi di pubblico diverso, come avviene con il cinema, i libri, la televisione e i fumetti.
L’attenzione, semmai, va riposta - specialmente quando si tratta di ragazzi molto giovani - su quali siano i giochi giusti da proporre. Perché se è vero che nessuno regalerebbe mai Pulp Fiction a un pre-adolescente per il suo compleanno, invece i Grand Theft Auto sono spesso parte della collezione di giovanissimi che si divertono a sparare e a guidare per le strade di una Los Angeles virtuale, ma non hanno certamente gli strumenti per comprendere pienamente l’approccio assurdo su cui un GTA è costruito.
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