fino al 30 giugno

"La pittura come il mare", Piero Guccione in mostra a Mendrisio

Cinquantasei i capolavori - tra oli e pastelli - che ripercorrono il viaggio attorno al mare dell'artista a partire dal 1970 fino alla conclusione del suo percorso

© ufficio-stampa

Il museo d'arte Mendrisio ospita la mostra "La pittura come il mare" (martedì-venerdì 10-12/14-17; sabato e festivi 10-18), la prima retrospettiva dedicata al pittore Piero Guccione dopo la sua morte. Cinquantasei i capolavori - tra oli e pastelli - che ripercorrono il viaggio attorno al mare dell'artista a partire dal 1970 fino alla conclusione del suo percorso. ​La mostra, aperta al pubblico dal 7 aprile, sarà visitabile fino al 30 giugno. La scelta delle opere è stata curata dal Museo d’arte Mendrisio in collaborazione con l'Archivio Piero Guccione.

L'artista - Nato nel 1935 a Scicli, ultima propaggine meridionale della Sicilia, e recentemente scomparso, Guccione è stato tra i maggiori protagonisti della pittura italiana del secondo Novecento. Nessun artista è mai riuscito a dare la dimensione della luce e della relazione tra l’azzurro, il mare e il cielo come lui. Ogni mattina, per oltre 40 anni, Guccione ha guardato il mare cercando di coglierne le variazioni, non per semplice descrittivismo, ma per trovarci sempre l’anima dell’uomo. "Mi attira l'assoluta immobilità del mare, che però è costantemente in movimento", diceva. 

Guccione ha portato la sua ricerca ai limiti dell’astrazione, restando tuttavia ben ancorato alla realtà. Persino nelle ultime opere dove la rarefazione è condotta all’estremo e il senso di vuoto diventa qualità principale, egli vuole e sa rimanere pittore di un’antica tradizione radicata nel dato realistico, figurativo. Nel dipingere il mare e il cielo, egli è stato attratto dalla forza e dal colore di quell’impercettibile linea che divide la parte superiore dei suoi dipinti (il cielo) dalla parte inferiore (il mare). E questa impercettibilità ha sempre cercato di riportarla sulla tela. "La mia pittura oggi va verso un'idea di piattezza che contenga l'assoluto, tra il mare e il cielo, dove quasi il colore è abolito, lo spazio pure. Insomma, una sorta di piattezza, che però, in qualche modo, contenga un dato di assolutezza, di una cosa che assomiglia a niente e che assomiglia a tutto", raccontava il pittore. 

Già lo scrittore Alberto Moravia colse bene l'essenza di Guccione: "Non illustra figure e situazioni, ma cerca anzi di ridurre il più possibile il riferimento illustrativo… si è messo fuori dalla storia, si è tenuto alla passione che è di tutti i tempi e di tutti i luoghi e a quella soltanto". Questo "mettersi fuori dalla storia" ha portato l'artista a prediligere, oltre all’olio, l'uso del pastello, mezzo che scopre tra il 1973 e il 1974 come tecnica "veloce", in alternativa, o meglio in sostegno al lento procedere dell’olio. Da quel momento in avanti il pastello assume sempre più importanza nella sua opera, dandogli modo di esprimere un’emozione più immediata e diretta, animando la natura e trasferendo alla natura i sentimenti e le passioni umane, dalla gioia al dolore, dalla malinconia all’indignazione.