Non ci fu solamente uno stallo nell'esecuzione della sentenza di Said Mechaquat, il 27enne accusato dell'omicidio di Stefano Leo a Torino, in riva al Po il 23 febbraio. Ci fu anche un errore di notifica delle carte processuali. Said, infatti, era stato condannato in via definitiva a 18 mesi di carcere per maltrattamenti in famiglia. Ma la notizia non fu comunicata al suo legale d'ufficio bensì a un altro avvocato che non aveva mai assunto l'incarico.
La sentenza era diventata definitiva perché la Corte d'appello, su richiesta dell'avvocato generale Giorgio Vitari, nell'aprile del 2018 aveva dichiarato "inammissibile" il ricorso in appello.
La notizia non fu comunicata al suo difensore dell'epoca (un legale d'ufficio) ma a un altro avvocato, Basilio Foti, indicato evidentemente dallo stesso Said. Foti però non aveva mai assunto l'incarico e, peraltro, con il giovane non era mai entrato direttamente in contatto. Ora l'avvocato Foti assiste Said nel procedimento per omicidio. Nei giorni scorsi, visto il difetto nella notifica, ha chiesto al tribunale di Torino di dichiarare la "non esecutività" della sentenza di condanna.