Educazione sessuale, un ragazzo su due 'bocciato'. Ma la scuola...
Rapporti non protetti e poca conoscenza delle malattie sessualmente trasmissibili: questa la sessualità tra i giovani
Nudi alla meta: così i giovani si approcciano alla sessualità, sia in senso letterale che metaforico. Le conoscenze su rischi e pericoli per la salute sono spesso sommarie: ad esempio, delle oltre 30 malattie sessualmente trasmissibili, la maggior parte ne arriva ad elencare 2 o 3 oltre l’AIDS. Questo anche perché, per qualsiasi dubbio sul tema, al 60% di loro risponde soprattutto Google e, solo in misura minore, un medico o la famiglia.
Neanche la scuola interviene più di tanto (succede solo in 3 casi su 5). Eppure, dati alla mano, dove si fa "educazione sessuale" la consapevolezza migliora. Anche se bisognerebbe lavorare sulla qualità dei corsi e dei formatori, alla luce della crescente dimensione digitale dell’affettività, che sta scoprendo fenomeni nuovi (sexting) e relative conseguenze (revenge porn).
Queste sono solo alcune delle evidenze dell’indagine 2019 dell’Osservatorio “Giovani e Sessualità" di Skuola.net, svolta in collaborazione con Durex e con il Laboratorio di studi longitudinali in Psicologia dello sviluppo dell’Università di Firenze, intervistando 10.507 ragazzi dagli 11 anni in su.
La prima volta? Quasi sempre è "protetta"
Ma andiamo con ordine. Quelli che hanno avuto un rapporto completo sono circa 1 su 3. Ma quasi la metà di loro (40%) lo ha fatto abbastanza precocemente: tra i 15 e i 16 anni. Praticamente l’intero campione, inoltre, si distribuisce nell’età adolescenziale: il 29% ha avuto il primo rapporto tra i 17 e i 18 anni; il 13% addirittura tra 13 e 14 anni.
Insomma 4 su 5 hanno perso la verginità entro i 18 anni. Il dato più interessante (e apparentemente confortante), però, è che i primi rapporti coincidono anche con il primo utilizzo degli strumenti di protezione, preservativo su tutti.
Più rischi per chi cambia spesso partner
Anche se, poi, solo poco più della metà (52%) continua a usarlo sempre. Sono due i fattori, opposti tra loro, che tendono a ridurne l’uso. Da un lato, infatti, quando una relazione diventa stabile, si usano altri metodi contraccettivi o addirittura si sceglie deliberatamente di non prendere precauzioni. Della serie: non può capitarmi nulla.
Una preoccupante convinzione che, d’altro canto, è paradossalmente ancora più marcata tra quelli che hanno rapporti occasionali: nettamente meno accorti sia nell’uso del condom che di altri metodi contraccettivi.
Malattie Sessualmente Trasmissibili: un disastro!
Non deve quindi stupirci la recrudescenza tra i giovani delle Malattie Sessualmente Trasmissibili (MST). Non fanno paura semplicemente perché non si conoscono: 1 su 4 ignora che possano essere asintomatiche, 2 su 5 che possano portare all’infertilità.
Complessivamente, la metà dei 10mila giovani intervistati non supera le domande chiave sulla conoscenza delle MST (non sapendo distinguere tra MST e infezioni non veneree). Ancora peggio se li si lascia senza rete, chiedendo loro di elencare tutte le MST che conoscono: quasi tutti indicano al massimo un paio di patologie oltre alla più famosa AIDS/HIV. Davvero troppo poco.
A ulteriore conferma che queste nozioni i ragazzi le apprendono da soli, il fatto che i picchi positivi di conoscenza si riscontrino in corrispondenza dell’età delle prime esperienze sessuali (tra i 15 e i 18 anni). Tra i pre-adolescenti la situazione è a dir poco drammatica.
Analisi e controlli medici quasi sconosciuti
Lacune che, inevitabilmente, si riflettono in una scarsa cura del proprio corpo. Più di 2 giovani su 3 – il 67% - non si sono mai sottoposti a una visita ginecologica/andrologica, il 21% lo ha fatto una volta sola, solamente per il 12% è una consuetudine (su questo meglio, se così si può dire, le femmine rispetto ai maschi).
Anche qui ritorna il leitmotiv che lega all’età il livello di cultura sanitaria: la frequenza di visite specialistiche, infatti, aumenta man mano che si cresce: tra i maggiorenni più della metà (50%) si è fatto controllare (circa 1 su 4 lo fa periodicamente). Ma la differenza, stavolta, la fa anche l’attività sessuale: tra chi ha avuto rapporti completi, il 52% non è mai andato dal ginecologo/andrologo.
Un dato preoccupante? Niente in confronto a chi è ancora ‘vergine’: tra loro solo il 26% si è fatto visitare almeno una volta. Discorso simile per i controlli ‘anti MST’: appena 1 su 10 ha fatto un test per l’HIV o per le altre infezioni sessualmente trasmissibili.
L’educazione sessuale si fa sul web, in famiglia è tabù
Ma cosa aspettarsi da una ‘popolazione’ che ha nel web l’insegnante di educazione sessuale: è così per il 64% dei ragazzi. Le alternative prese in considerazione? I coetanei (38%) o il partner (27%); fonti parziali e spesso poco attendibili.
Quasi mai nell’elenco delle persone da consultare ci sono i genitori (li menziona solo il 27%). Senza parlare di quell’11% che non chiede a nessuno.
Se una volta al genitore dello stesso sesso era affidato il compito di spiegare questa dimensione all’ingresso della pubertà, oggi il 60% dei ragazzi dichiara di non parlarne con i genitori e solo il 5% riceve strumenti di profilassi quali i condom direttamente dal papà o dalla mamma.
Il ruolo fondamentale della scuola
Da dove partire per invertire la rotta ed evitare la deriva? Sicuramente dalla scuola. I risultati sono evidenti. Chi ha svolto un corso di educazione sessuale a scuola è decisamente più preparato degli altri ad affrontare questi argomenti: un miglioramento che oscilla dal 10 al 20 per cento a seconda degli argomenti.
Non sono numeri eccezionali, ma è comunque un inizio. Peccato che parecchi ragazzi siano a digiuno di questi concetti: 2 su 5 non hanno mai affrontato l’argomento a scuola. E oltre la metà di chi l’ha fatto non vi ha trovato alcuna utilità.
Forse perché in molti casi se ne sono occupati docenti interni o altri studenti (solo il 62% ha ricevuto una consulenza da parte di un esperto).
Dilaga la pornografia online
Scuole che, parallelamente, potrebbero arginare anche due pericolose ‘devianze’, figlie del nostro tempo, che affliggono sempre più giovani: la pornografia e il cosiddetto sexting. Attualmente, infatti, oltre il 60% dei ragazzi che hanno partecipato alla ricerca ha visto video o materiali porno; 1 su 5 si dichiara consumatore abituale. Del resto le reti veloci hanno amplificato la portata del fenomeno, rendendolo molto più accessibile di un tempo.
A farlo nettamente di più i maschi (76%) delle femmine (52%). L’apice (67% di fruitori) si registra proprio nel momento della presa di consapevolezza della propria sessualità (15-18 anni).
Ma anche i più piccoli, che non hanno gli strumenti interpretativi adeguati, non sono immuni: tra gli 11 e 14 anni quasi la metà ha già avuto un contatto con materiale porno. Il motivo? Quasi sempre (77%) per eccitarsi da soli, spesso per curiosità (51%) o per apprendere nuove pratiche sessuali (31%).
Sexting e revenge porn: figli della scarsa informazione
Ancor più legata alle nuove tecnologie – smartphone su tutte – la seconda insidia: il sexting, ovvero lo scambio di materiale intimo (foto, video, ecc) attraverso chat e social network. Il 40% del campione afferma di averlo fatto (inviando e/o ricevendo contenuti) almeno una volta.
E, vero dato allarmante, il 15% lo ha fatto anche con degli sconosciuti (il 52%, invece, lo ha fatto solo con il partner; il restante 33% con persone che conosceva).
Ma, una volta entrati nel sistema, di quei contenuti si perde il controllo, esponendo i protagonisti al cosiddetto revenge porn. Un rischio troppo grande, soprattutto alla luce dei motivi che spingono a farlo: il 31% per eccitarsi col partner, il 25% per scherzare con gli amici, il 14% per noia o per eccitarsi da solo, l’8% perché lo fanno tutti.
Ennesima dimostrazione di come, oggi, la sessualità non sia vissuta con la necessaria consapevolezza. Specie dai più giovani.
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