Sviluppare videogiochi diventa ogni giorno che passa più complesso: gli standard sono diventati molto più elevati, i costi continuano ad aumentare a dismisura e con essi gli obiettivi dei produttori, che vogliono per ovvi motivi massimizzare gl investimenti per trarre il maggior profitto possibile.
In alcuni casi, però, dar vita a progetti ambiziosi e potenzialmente in grado di rivoluzionare l'industria dei videogiochi può rivelarsi un compito arduo, le continue pressioni e aspettative da parte dei publisher, stampa e community possono generare una certa tossicità nell'ambiente di lavoro. Ne sa qualcosa BioWare, il team di sviluppo che ha dato i natali a serie come Mass Effect e Dragon Age, ha di recente sfornato lo sparatutto Anthem, al centro di numerose critiche sin dal suo debutto avvenuto lo scorso febbraio.
A raccontare la vera storia sul videogioco realizzato da BioWare per conto di Electronic Arts è stato Jason Schreier, reporter di Kotaku, che ha intervistato diciannove figure che hanno contribuito allo sviluppo del titolo nei sette anni di gestazione di quello che un tempo era conosciuto come Project Dylan.
Stando al report di Kotaku, la storia di Anthem è caratterizzata da una generale disorganizzazione, una fase di pre-produzione pressoché infinita, fumosa e indefinita, con il team di BioWare che è arrivato alla demo di presentazione dell'E3 2017 senza sapere ancora quali fossero le meccaniche precise del gioco, cambiando addirittura nome in corsa pochi giorni prima dell'evento di giugno (il progetto originale, stando alle testimonianze degli sviluppatori intervistati, avrebbe dovuto chiamarsi Beyond). Basti pensare che una delle caratteristiche migliori di Anthem, il sistema di volo, sarebbe stato inserito in corsa dagli sviluppatori per rimediare a una demo criticata aspramente dalla dirigenza di Electronic Arts, che non aveva gradito la dimostrazione del gameplay di una versione preliminare di Anthem, minacciando di cancellare il progetto.
L'attenzione si focalizza sulle condizioni di lavoro all'interno di BioWare per quanto riguarda i gruppi concentrati su Anthem, con un certo numero di dipendenti sfiniti e logorati dallo stress, tanto da essere costretti ad allontanarsi per settimane o mesi dal posto di lavoro, su consiglio e richiesta del proprio medico.
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Ciò che ha fatto discutere particolarmente è stata la risposta di Electronic Arts e BioWare, che in concomitanza con la pubblicazione dell'articolo su Kotaku (e, vista la lunghezza del report, verosimilmente senza prendersi nemmeno la briga di leggerlo) hanno pubblicato un post sul blog di sviluppo di Anthem, accusando l'articolo e l'autore di essere stato troppo duro.
Electronic Arts sottolinea come il pezzo di Schreier sia "ingiustamente focalizzato su precise figure del team di sviluppo che hanno dato il massimo per poter offrire ai giocatori idee innovative", concludendo con una nota che recita: "Non vogliamo fare parte di quello che è un tentativo di screditarli come individui". Peccato che, al contrario delle dichiarazioni del colosso californiano e del team di sviluppo canadese, l'articolo non tenti in nessun modo di gettare discredito o di affondare crudelmente nessuna figura di BioWare, ma di puntare i riflettori sulle condizioni di lavoro e dei rischi che possono verificarsi nello svilluppo di videogiochi.
Lo stesso "trattamento" nei mesi scorsi era stato riservato da Schreier a Bungie con una serie di approfondimenti che avevano fatto luce sulla controversa gestazione del franchise Destiny, sui continui rinvii e cambi al vertice, i rifacimenti da zero e le pressioni da parte di Activision che, solo qualche tempo fa, hanno portato alla scissione tra il team che ha creato Halo e il publisher di Call of Duty.
Difficile che la storia di BioWare ed Electronic Arts possa concludersi allo stesso modo, considerando che al contrario di Activision, il produttore di Battlefield e FIFA aveva acquisito anni or sono l'azienda con sede a Edmonton. Più semplice che, nel caso in cui la musica in casa BioWare non dovesse cambiare, Electronic Arts possa essere costretta a chiudere l'ennesimo team di sviluppo della sua lunga storia.