Said Machaouat ha ammesso che voleva uccidere qualcuno e ha scelto Stefano Leo perché aveva circa la sua età. Sono questi i termini della confessione fatta ai carabinieri dal 27enne di origine marocchina che si è dichiarato responsabile dell'omicidio del 34enne avvenuto il 23 febbraio nei pressi del lungo Po, nella zona dei Murazzi, a Torino. Il giovane, che ha cittadinanza italiana, ha spiegato che non riusciva a uscire da depressione e sofferenza.
Un passato tormentato - La svolta nelle indagini è arrivata quando Said Machaouat ha confessato il delitto presentandosi ai carabinieri. L'uomo, che ha precedenti penali, ha confessato: "Mi sentivo braccato dai carabinieri, non volevo commettere altri guai". Tra le confessioni fatte, l'uomo avrebbe anche parlato del suo passato e della separazione dalla ex moglie: "La cosa peggiore è sapere che il mio bimbo di quattro anni chiama papà l'amico della mia ex compagna".
La confessione - Il 27enne si era presentato in Questura a poche ore dalla marcia organizzata dal padre di Stefano Leo e dagli amici per chiedere di far luce sulla sua morte. "Quello in riva al Po l'ho ucciso io", ha detto in modo confuso agli agenti, che hanno subito allertato i carabinieri, titolari dell'indagine. Trasferito al Comando provinciale, alla presenza del suo legale di fiducia, avvocato Basilio Foti, ha avuto l'uogo l'interrogatorio, durato oltre tre ore.
L'arma del delitto - Il reo confesso non conosceva la vittima; la depresisone per la separazione dalla ex moglie era stata ipotizzata già dopo le prime indagini. L'arma del delitto, un coltello da cucina nascosto in una cassetta dell'Enel e fatto ritrovare dal fermato, sarà inviata ai Ris di Parma per ulteriori accertamenti tecnici.
La vittima - Originario di Biella, una laurea in Giurisprudenza, la vittima Stefano Leo viveva da novembre a Torino. Dopo un lungo periodo trascorso all'estero, tra Cina, Giappone e Australia, era commesso in un negozio d'abbigliamento del centro. Sempre puntuale, sempre preciso, tutte le mattine per recarsi al lavoro faceva una passeggiata in lungo Po Macchiavelli.
L'ha fatta anche quella mattina del 23 febbraio ignaro che stava andando incontro al suo assassino, un uomo, rimasto sconosciuto fino a oggi, che lo ha ucciso senza un apparente motivo con una coltellata alla gola. "Siamo ancora increduli. Quello che è accaduto a Stefano non deve più succedere a nessuno", dicevano i suoi amici durante la marcia, un centinaio di palloncini rossi liberati in cielo, dal luogo del delitto, per chiedere "verità e giustizia". Era presente anche il sindaco, Chiara Appendino, per manifestare la vicinanza della Città alla famiglia Leo.