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Yoshi's Island: come nasce un dinosauro

Stile inconfondibile e tante novità nel seguito inatteso di Super Mario World. Con un nuovo eroe

di Mattia Ravanelli

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La genesi di Yoshi, uno dei personaggi più caratteristici e apprezzati del pantheon di Nintendo, è ricca di sfumature e storie degne di essere raccontate. Il dinosauro verde, con stivaletti e sella, debutta in Super Mario World (1990), gioco di lancio del Super Nintendo tuttora venerato, a ragione, come uno dei massimi esponenti dei giochi di piattaforme.

In realtà il team capitanato da Shigeru Miyamoto, oggi responsabile creativo dell’intera Nintendo, pensò alla sua introduzione già ai tempi di Super Mario Bros. 3 per NES. I limiti tecnici dell’ormai datato hardware della console a 8 bit consigliarono alla squadra di rimandare l’appuntamento e il resto, come si suol dire, è storia.

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Lo stile inconfondibile di Yoshi's Island ha contribuito al grande successo del gioco.

Ma se Yoshi è un eccellente comprimario in Super Mario World, bisogna attendere il 1995 perché colga l’occasione per mettersi al centro della scena. Aveva già avuto, a quel punto, la possibilità di ritagliarsi degli spazi, ma solo all’interno di progetti di importanza secondaria. Un puzzle game, Yoshi’s Cookie, e un gioco pensato per la pistola/fucile del Super Nintendo, Yoshi’s Safari, passarono senza lasciare chissà quale segno. Nel 1995, come detto, i tempi sono maturi per una piccola e indimenticabile rivoluzione nel mondo di Mario: viene pubblicato Super Mario World 2: Yoshi’s Island.

Il gioco ha goduto della bellezza di quattro anni di sviluppo, all’epoca un lasso di tempo decisamente fuori dal normale. Nintendo è stata abile nel nasconderne l’esistenza fino all’ultimo momento, tanto che la pubblicazione del gioco arriva come un fulmine a ciel sereno che stordisce il mondo dei videogiochi nel giro di soli due mesi, tanto poco passa dalla messa in vendita prima in Giappone e poi in occidente.

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Quando Yoshi subisce un colpo, Baby Mario viene intrappolato in una bolla e va recuperato entro pochi secondi.

Yoshi’s Island venne ufficialmente presentato come il seguito di Super Mario World e in senso assoluto è un’etichetta giustificata. Dopotutto ci si trova ancora di fronte a un gioco di piattaforme tutto 2D, come voleva l’epoca, con i nemici e l’attitudine classica di un’avventura dell’idraulico. Eppure molto è cambiato. Il protagonista indiscusso è infatti Yoshi, che trasporta in groppa un Baby Mario mai visto prima. Una scelta simile porta innanzitutto a una modifica del modello di movimento dell’eroe rispetto al baffone con salopette e non è cosa da poco.

A cambiare sono anche le risorse a disposizione di Yoshi e quindi dei giocatori: il sauro trova finalmente una gamma completa di azioni che lo contraddistingueranno nei decenni a venire. Può saltare e fluttuare, con grande sforzo e agitando freneticamente i piedi. Può, soprattutto, ingoiare i nemici e tramutarli in uova, da lanciare poi sfruttando un sistema di puntamento volutamente nervoso e difficile da addomesticare. Perché Yoshi’s Island è fondamentalmente un gioco esigente, piuttosto difficile rispetto sia alle avventure precedenti di Mario che, poi, a quelle che verranno dello stesso Yoshi.

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Per la prima volta Yoshi scopre di poter fluttuare e trasformare i nemici in uova.

A colpire non fu solo un’attenzione al punteggio nuova e antica allo stesso tempo, con tanti elementi di cui tenere conto per dire di aver completato davvero un livello… ma anche la strepitosa direzione artistica. In un periodo in cui le risorse tecnologiche piuttosto avare non consentono ancora chissà quali voli pindarici, Miyamoto spinge sull’acceleratore della creatività e prende tutti in contropiede. Nel 1995 il 3D si sta già facendo largo, Sony e Sega hanno già messo a disposizione dei giocatori le loro console a 32 bit (PlayStation e Saturn rispettivamente) e in casa Nintendo l’attenzione è tutta per Donkey Kong Country. Lo scimmione è tornato in azione qualche mese prima, forte di un’estetica basata su modelli pre-renderizzati che strizzano l’occhio proprio al 3D.

Miyamoto cerca, e trova, una soluzione diametralmente opposta. Vengono disegnati a mano e poi scansionati e “ridotti” in pixel i fondali, i mondi, i nemici e i vari elementi di gioco. Il risultato porta Yoshi’s Island ad apparire del tutto simile a un collage di disegni degni di un bambino particolarmente ispirato, che si muovono e prendono vita. L’esito è clamoroso e dopo più di vent’anni non ha perso un’unghia della sua efficacia e delle sue suggestioni.

In questi giorni Yoshi è pronto all’ennesima scorribanda con Yoshi’s Crafted World, atteso su Switch. Senza quel Super Mario World 2: Yoshi’s Island e la testardaggine di Shigeru Miyamoto, probabilmente non saremmo qui a parlarne.