Imane Fadil, una delle testimoni del processo Ruby, non sarebbe stata uccisa da un mix letale di sostanze radioattive. I risultati delle prime analisi sui campioni dei tessuti degli organi, infatti, hanno escluso la presenza di radioattività nel cadavere della 34enne marocchina, morta il 1 marzo. A effettuare gli accertamenti sono stati gli specialisti dell'istituto di fisica dell'Università di Milano.
I prelievi sono stati effettuati sul fegato e su un rene mercoledì pomeriggio, e già dalle prime analisi non erano emerse macroscopiche evidenze di radioattività. Dopo i prelievi i campioni sono stati messi in appositi contenitori e inviati sia all'Arpa di Milano sia all'Istituto di Fisica dell'Università Statale. Il risultato delle analisi è che è "sempre più improbabile" che la giovane sia stata contaminata da sostanze radioattive.
L'ultima parola sulla presenza di tracce radioattive spetta però ora al Centro ricerche Casaccia dell'Enea, vicino a Roma. Inizialmente i sospetti sulla presunta presenza di sostanze radioattive nel corpo di Imane Fadil erano dovuti al risultato parziale di analisi effettuate sulle urine. La Procura, intanto ha fatto sapere che le indagini proseguono con l'ipotesi di avvelenamento da metalli. L'autopsia vera e propria, invece, verrà effettuata nei prossimi giorni, forse giàsabato.