Venticinque anni dopo il brutale assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin resta un buco nero. Una voragine che ha inghiottito processi, depistaggi e 17 anni trascorsi in galera da Omar Hassan Hashi, condannato per un delitto mai commesso. Il caso non è del tutto chiuso e uno spiraglio arriva da un’inchiesta giornalistica pubblicata dal quotidiano Avvenire. Il punto di partenza è chiaro: del tragitto Italia-Somalia delle armi tutti hanno scritto tutto. Avvenire si concentra sull’ultimo miglio, su come mitra e complementi bellici arrivare agli uomini di Hadid una volta scaricati al porto di Mogadiscio. Dalle carte della Commissione d’inchiesta desecratate cinque anni fa dalla Camera emerge uno scenario inquietante.
"Risulterebbe - si legge in un passaggio attribuito al Sismi e rilanciato dal quotidiano della Cei - che numerose armi siano state trasportate da Mogadiscio nella zona centrale del Paese sfruttando colonne umanitarie che trasportavano profughi e viveri, con mezzi e scorte forniti dal contingente italiano". All’epoca i nostri Servizi etichettarono l’ipotesi come verosimile visto che i militari di stanza in Somalia risultavano impiegati in simili operazioni, operazioni che - da regole di ingaggio - non prevedevano il controllo del convoglio ma "solo" la scorta armata. La nostra intelligence scriveva all'epoca che "limitati quantitativi di armi potrebbero essere stati introdotti in forma fraudolenta nei convogli impegnati nel trasporto di aiuti umanitari".
Che Ilaria Alpi fosse arrivata proprio a questo? La giornalista uccisa aveva di certo scoperto che i fondi italiani non erano serviti per costruire la conceria e il mattatoio promessi. Probabilmente stava seguendo un’altra pista. Tra signori della guerra locali e "miopie" internazionali. Sempre Avvenire cita le parole agli atti del generale Cesare Pucci, numero uno del Sismi. Il militare, a proposito del traffico d’armi ammise in Commissione: "Sapevamo del fenomeno, lo tenevamo sotto controllo", salvo poi aggiungere che, per decisione politica, non si fece "assolutamente niente" per contrastarlo.
Un fiume di denaro sprecato - Sarà difficile a distanza di tutti questi anni e con numerose prove distrutte trovare il vero assassino di Ilaria e Miran. Ma i sospetti morali contro alcuni nostri apparati sono fortissimi. Ilaria Alpi aveva forse scoperto che un fiume di denaro pubblico era stato sprecato, forse 1.400 miliardi di lire (oltre un miliardo di euro attuali).
Violenze, stupri e pedofilia da parte dei nostri soldati - E poi ci sarebbero le accuse contro i nostri militari di avere operato violenze sessuali e fisiche contro i civili. Nel '98 emersero documenti che confermavano torture commesse dai nostri soldati contro alcuni civili somali. Ilaria avrebbe però scoperto qualcos'altro. Qualcosa di ancora più crudele: violenze sessuali a danno di minori.
Le famiglie non si arrendono - L'inchiesta della procura di Roma sembra diretta verso un binario morto. L'Aisi, il servivio di intelligence, non rivela la fonte che ha permesso di scoprire il traffico di armi su cui Ilaria Alpi indagava. E a nulla potrebbe servire nemmeno l'intercettazione, datata 2012 e recuperata dalla procura di Firenze, in cui due somali si dicevano che "Ilaria Alpi è stata uccisa dagli italiani". Per il gip di Firenze è irrilevante. Il muro di gomma eretto da alcune nostre istituzioni fa andare l'inchiesta verso l'archiviazione. Ma le famiglie di Ilaria e Miran non si arrendono e chiedono agli italiani di non lasciarli soli, a diffondere tramite social la richiesta di verità: #noinonarchiviamo è l'hashtag per impedire di trasformare questi omicidi nell'ennesima tragedia di Stato.