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Al Manzoni Sgarbi mette in scena il genio di Leonardo

Dal 19 al 24 marzo il critico d'arte spiega l'arte del genio del Rinascimento

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Dopo Caravaggio e Michelangelo, Vittorio Sgarbi porta a teatro "Leonardo". Lo spettacolo dove l'arte leonardesca, in particolare la pittura, sarà svelata dal critico d'arte con la consueta verve e un pizzico di irriverenza, è in scena al teatro Manzoni dal 19 al 24 marzo. "In maniera teatrale racconto quello che quelle opere vorrebbero dire - spiega Sgarbi -. Cerco di creare una sovrapposizione tra il corpo dell'opera e quello delle parole".

Uno spettacolo nel vero senso della parola, con installazioni, video e musiche. E l'eloquio di Sgarbi a svelare il mistero di Leonardo. "Il teatro ci restituisce uno Sgarbi preciso, puntuale, dove mostra il meglio di sé. Lui è non solo un grande critico d'arte ma anche un grande uomo di cultura" spiega Marcello Corvino, produttore dello spettacolo. "Il Novecento ci ha insegnato che è il pubblico che decide cosa è o cosa non è un accadimento. Se il pubblico accorre in teatro per vedere qualcosa che accade sul palco, allora quello è uno spettacolo". 

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Di fronte a un uomo dalla personalità e dai talenti molteplici (inventore, architetto, disegnatore, scultore e pittore), Sgarbi ha deciso di concentrarsi solo su una parte della sua opere. "Lui era un uomo vestito di protesi, lui lavora per aumentare la potenza dell'uomo - spiega il critico -. E lo fa con una serie di macchine straordinarie. Nella pittura si rende conto che c'è poco da innovare. A Milano sfida il muro dipingendo a secco il Cenacolo, consegnandolo alle cattive condizioni che ne hanno segnato la storia. A lui viene in mente che la pittura è cosa mentale. Lui aggiunge al mondo quello che il mondo non aveva. Lui dipinge il suo pensiero: la Gioconda non è il ritratto di una persona ma è una persona essa stessa. Qualunque artista è legato al suo tempo, Leonardo lo scavalca".

L'arte dovrebbe parlare da sola, ma il ruolo che Sgarbi si è ritagliato è tutto fuorché privo di senso. "La parola, forse anche in maniera arbitraria, serve a dare un linguaggio all'arte - sottolinea -. Le immagini parlano però dicono poco o dicono qualcosa che ci illudiamo di capire. Non so se quello che dico è vero. Dico quello che penso e a voi sembra plausibile. Ma è chiaro che ogni interpretazione è un punto di vista".

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