L’adolescenza è l’età della spensieratezza, il momento in cui si pensa di avere tutta la vita davanti e il mondo è terreno di conquista. Non sempre è così. A volte si inciampa nella malattia e tutto cambia. "Avevo 15 anni quando ho incontrato il cancro, era il 1972. Ho avuto la fortuna di essere ricoverata all'Istituto nazionale tumori di Milano e di incontrare il professor Francesco Di Re, che mi ha subito spiegato come, per salvarmi, avrebbe dovuto togliermi l’utero e la possibilità di diventare mamma”.
La scoperta - Comincia così il racconto di Anna Bassi, una delle testimonial della campagna con cui la Fondazione Airc promuove la giornata delle Azalee, in occasione della Festa della mamma, domenica 9 maggio. Con un sorriso aperto e gli occhi luminosi di chi è ottimista per natura spiega: “Avevo paura di affrontare il dolore delle cure, perché vedevo le altre ragazze intorno a me soffrire e, in alcuni casi, morire. Onestamente, non mi importava avere figli a quell’epoca, non avevo l’istinto materno, da bambina non ho mai giocato con le bambole, mi piaceva molto di più giocare ai cowboy e fare la moglie del bandito”.
Le cure e la maternità - Per curare il tumore, Anna viene operata, i chirurghi le tolgono l'utero e poi si sottopone alla radioterapia. "Dopo le dimissioni ero uno scheletrino, la convalescenza è stata lunga, ma ricordo le passeggiate col sorriso a Rapallo con zia Angela - continua -. A settembre sono tornata a scuola e alle mie giornate di ragazza, volevo riprendere in mano la mia vita. Pochi anni dopo ho incontrato Paolo, mio marito. Da subito abbiamo concordato che saremmo stati una famiglia. E io il mio bambino l'ho avuto, l'ho adottato. Filippo è arrivato nelle nostre vite quando aveva solo 40 giorni. Oggi ha 31 anni, si è laureato in Scienze motorie, è maestro di tennis. È la nostra gioia. Il medico che mi ha salvato la vita è stato il suo padrino di battesimo".
L'impegno nel volontariato - La sua esperienza con l'Associazione per la ricerca sul cancro comincia proprio grazie al figlio: "Nel 2003 ero rappresentante di classe e mi hanno coinvolta nel progetto 'Cancro io ti boccio', ideato per le scuole. Mi sono pian piano lasciata coinvolgere, a cominciare dall'iniziativa delle arance della salute, con un banchetto nel mio paese, Bellinzago Lombardo (Milano), un successo sin dalla prima edizione. Poi l'azalea, i cioccolatini e l’esperienza coinvolgente di Love Design - elenca -. Nell'azienda dove lavoro ho 'reclutato' tante colleghe, che ora fanno le volontarie. A me piace dire che la ricerca è fatta di menti, quelle dei dottori, e di braccia, quelle dei volontari”.
L'importanza della ricerca - È proprio grazie alla ricerca che gli interventi sono diventati meno invasivi, le diagnosi sempre più precoci e le terapie personalizzate, più efficaci e meglio tollerate per curare i tumori che colpiscono le donne. Anna oggi si divide fra il lavoro all'Ibm e l'attività di volontariato per l'Airc. “Sono orgogliosa di fare la mia parte e di aver coinvolto mio figlio, i miei nipoti, i loro amici, tutte nuove leve che potranno dare il loro contributo per raccogliere i fondi per finanziare la ricerca che non si deve fermare, perché ha già consentito di arrivare al 67% di guarigioni e all’85% per il tumore al seno in cinque anni. L’obiettivo è il 100%. Grazie alla ricerca le cose cambiano per i pazienti. Il professor Di Re mi ha detto che se mi fossi dovuta sottoporre all’operazione più tardi, avrei potuto avere un figlio e io gli ho risposto: che io il mio bambino l’ho avuto e non avrei potuto volere di meglio”.
Quest'anno Anna è testimonial della campagna di AIRC insieme a Paola Storti, ricercatrice Airc nel Dipartimento Medicina e Chirurgia dell'Università di Parma, a capo di un progetto sul mieloma multiplo. "Ripeto ancora il mio appello: - conclude - venite in piazza il 9 maggio e date il vostro contributo. Porterete a casa un'azalea e diventerete anche voi parte di questo mondo".
Un piccolo gesto che può aiutare la ricerca a rendere ancora meno invasive le cure e consentire alle ragazze di oggi di essere le madri di domani, con la consapevolezza che, grazie ad essa, è possibile vivere il futuro con fiducia e ottimismo.