La legge Merlin non è in contrasto con la Costituzione. La Consulta ha infatti stabilito che le questioni di legittimità costituzionale sul favoreggiamento della prostituzione, puniti dalla Merlin, non sono fondate. A sollevarle era stata, il 5 febbraio, la Corte d'appello di Bari in relazione al processo sulle escort in cui è implicato l'imprenditore Gianpaolo Tarantini. Secondo la Corte dunque la prostituzione è lecita e va punito chi la agevola o la sfrutta.
La questione era stata discussa nell'udienza pubblica in appello il 5 febbraio. Le questioni di legittimità costituzionale riguardanti in quel frangente il reclutamento e il favoreggiamento della prostituzione, puniti dalla legge Merlin, sono state dichiarate non fondate.
Il riferimento era all'attività di prostituzione che veniva esercitata liberamente e consapevolmente dalle cosiddette escort. I giudici di Bari sostenevano, in particolare, che la prostituzione sia un'espressione della libertà sessuale tutelata dalla Costituzione e che, quindi, punire chi svolge un'attività di intermediazione tra prostituta e clienti o di favoreggiamento della prostituzione significherebbe compromettere l'esercizio sia della libertà sessuale sia della libera iniziativa economica della donna che sceglie di prostituirsi. Si colpirebbero quindi condotte di terzi che in realtà non ledono nessun bene giuridico.
La Consulta ha ritenuto che non sia contro la Costituzione la scelta di politica criminale operata grazie alla legge Merlin, quella cioè di configurare la prostituzione come un'attività lecita ma di punire al tempo stesso chi la agevoli o la sfrutti. La Corte ha inoltre ritenuto che il reato di favoreggiamento della prostituzione non è in contrasto con il principio di determinatezza e tassatività della fattispecie penale.