Sana, ora le amiche temono la vendetta dei parenti
Dopo il rilascio del padre e del fratello maggiore la comunità di donne pakistane a Brescia teme ritorsioni. Le amiche della ragazza uccisa si erano battute per la verità
Terrorizzate. Dopo la notizia della scarcerazione dei presunti autori dell'omcidio in Pakistan, le amiche di Sana, ora hanno paura. Paura di aver detto una parola di troppo, paura di essersi troppo esposte e di subire ritorsioni. Paura che contro di loro si scateni la vendetta. A portare all'attenzione dell'opinione pubblica il caso di quella ragazza ribelle scomparsa in circostanze dubbie, nel paese d'origine dei genitori, erano state proprio le amiche, che alla versione dell'infarto, non hanno mai creduto. I familiari della 25enne nata e cresciuta a Brescia, cittadina italiana a tutti gli effetti, avevano maldestramente cercato di nascondere la notizia della sua morte. A Brescia la comunità pakistana aveva organizzato presidi e srotolato striscioni per chiedere la verità.
A poco più di nove mesi dal suo omicidio, il padre e il fratello maggiore della ragazza, prima rei confessi, poi hanno ritrattato, sono tornati in libertà. "Assolti per insufficienza di prove e per mancanza di testimoni", la sconcertante sentenza che ha fatto indignare la comunità pakistana in Italia e non solo. La storia di Sana, che si sarebbe opposta a un matrimonio combinato e avrebbe deriso il padre per i suoi tentativi di piegarla all'autorità, era diventata la causa per cui lottare delle sue amiche a Brescia. Che ora si sentono minacciate. "Se il padre e il fratello di Sana tornano in Italia - racconta una di loro - siamo tutte in pericolo. Non solo. Si crea un precedente tremendo per altri maschi padroni". Nel quartiere Fiumicello, dove viveva la famiglia Cheema, prima di tornare nella provincia di Gujarat, l'ansia si sta già trasformando in terrore.
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