Se nella società italiana il ricambio generazionale spesso è troppo lento, nelle mafie non è così. I boss sono sempre più giovani, agguerriti e violenti. Non rispettano più solo regole e tradizioni delle organizzazioni criminali alle quali sono affiliati ma vogliono anche immortalare le loro gesta sui social network. E' questo il ritratto delle nuove leve mafiose, che emerge dalla relazione semestrale presentata dalla Dia al Parlamento.
Forte ricambio generazionale nella mafie, specie nella camorra - Il "ricambio generazionale, con boss sempre più giovani - si legge nelle oltre 500 pagine della relazione - si avverte all'interno della 'ndrangheta, di cosa nostra, della sacra corona unita" e, ancora più forte, nella camorra, soprattutto nell'hinterland Napoletano, dove "le giovani leve non sempre risultano espressione delle storiche organizzazioni" e "appaiono, piuttosto, come micro-formazioni in cerca di spazio per tentare la scalata al potere criminale, che si affiancano ai giovani delinquenti, terza generazione delle famiglie più rappresentative dei quartieri del centro storico e dell'area nord. Il denominatore è, senza dubbio, la spregiudicatezza criminale che porta a continue scorribande e sparatorie incontrollate". Un fenomeno che si ritrova anche "nelle organizzazioni criminali straniere attive in Italia".
Crisi e disoccupazione hanno favorito le mafie - Crisi e la mancanza di lavoro hanno favorito le mafie che hanno un bacino di reclutamento praticamente illimitato. Per gli investigatori, le organizzazioni criminali "nonostante la forte azione repressiva dello Stato" le mafie "continuano ad attrarre le giovani generazioni", autentica "linfa" delle organizzazioni, sia che "siano espressione diretta delle famiglie o semplice bacino di reclutamento da cui attingere manovalanza criminale".
Mancano alternative per una emancipazione dalla cultura mafiosa - Negli ultimi 5 anni, inoltre, "non solo ci sono stati casi di mafiosi con età compresa tra i 14 e i 18 anni" ma "la fascia tra i 18 e i 40 anni ha assunto una dimensione considerevole e tale, in alcuni casi, da superare quella della fascia 40-65, di piena maturità criminale". Un fenomeno che "da una parte pone la questione della successione nella reggenza delle cosche, dall'altra non appare certamente disgiunto da una crisi sociale diffusa che, soprattutto nelle aree meridionali, non sembra offrire ai giovani valide alternative per una emancipazione dalla cultura mafiosa". I giovani capi della malavita organizzata, infatti, sono nati o risiedono soprattutto in Campania, Calabria, Sicilia e Puglia. Proprio nelle quattro regioni del Sud, infatti, secondo l'Eurostat Regional Yearbook 2018,ci sono anche 4 degli 11 distretti europei con il maggior numero di under 24 non occupati. Una situazione che favorisce le organizzazioni criminali, che "approfittano dello stato di bisogno di molti giovani e speculano sulla manodopera locale".
I pizzini sostituiti dai social network - Cambiano anche valori e metodi di comunicazione delle mafie. Non si usano più i pizzini, ma i social network "che consentono di aggregare velocemente gli affiliati al sodalizio e, allo stesso tempo, di rendere più difficoltosa l'intercettazione dei messaggi".
Più opportunità di "carriera" per le donne - Le mafie, infine, stanno dando opportunità di "carriera"' anche alle donne. "La presenza di parenti all'interno della catena di comando conferma la centralità della famiglia, quale strumento di coesione - fanno notare gli investigatori -. Non di rado le alleanze sono rafforzate da matrimoni tra giovani di gruppi diversi, con le donne che assumono, sempre più spesso, ruoli di rilievo nella gerarchia dei clan, soprattutto in assenza dei mariti o dei figli detenuti".