a 10 anni dalla morte

Beppino Englaro: la mia battaglia per Eluana, anche grazie a lei l'Italia ha una legge sul "fine vita"

Il padre di Eluana ricorda le battaglie giudiziarie: "Lei è stata una vittima sacrificale perché allora la medicina l'ha condannata a vivere in una condizione alla quale ha sempre detto 'no'"

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E' stata una battaglia lunga e difficile, si è pagato un "prezzo altissimo" ma per il "sorriso radioso" della figlia Eluana, Beppino Englaro rifarebbe tutto quello che ha fatto. Nel decimo anniversario della morte, il suo è stato "un grande caso costituzionale", dice Beppino, che ha diviso il Paese costringendolo a fare una riflessione. Allora "gli italiani non erano pronti ad accettare la sua scelta - prosegue - ora c'è una legge che è ben fatta, merita un plauso", nonostante alcuni nodi burocratici.

I ricordi della figlia e della sua dolorosa vicenda sono indelebili: una carrellata di immagini nitide gli ritornano in mente, soprattutto non dimenticherà quel 9 febbraio 2009 quando, dopo la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione artificiale autorizzata dalla magistratura, Eluana morì in una clinica di Udine. Era in uno stato vegetativo permanente, conseguenza di un terribile incidente d'auto che nel gennaio del 1992 la fece finire in coma irreversibile.

"E' stata una vittima sacrificale - spiega all'agenzia di stampa Ansa - perché allora la medicina l'ha condannata a vivere in una condizione alla quale ha sempre detto 'no grazie'".

Undici anni di processi, 15 sentenze - "Non aveva il tabù della morte - racconta Beppino - e noi genitori sapevano che "la strada imboccata era fin da subito quella giusta. Eluana aveva idee ben chiare riguardo alla sua vita, e non potevamo fare altro". Non la dolce morte in qualche clinica svizzera, ma uno stop a una "vita-non vita" entro il recinto della "legalità", un lungo e tortuoso percorso: undici anni di processi, quindici sentenze dei giudici italiani e una della Corte Europea dei diritti dell'uomo, l'opposizione del governo di centrodestra in carica ai tempi e le proteste, i sit-in, le manifestazioni e gli appelli di numerose associazioni 'pro vita'. Con l'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in silenzio forzato, ufficialmente obbligato ad essere spettatore fino a quando, qualche giorno prima della morte di Eluana, il suo rifiuto di firmare il decreto legge con cui il Consiglio dei Ministri avrebbe voluto bloccare l'interruzione della nutrizione forzata perché incostituzionale.

"Come genitori, abbiamo fatto tutto quello che potevamo e nel migliore dei modi, credo, ma il prezzo pagato è stato altissimo. Sua madre, mia moglie, che non riusciva a staccarsi da lei, si è consumata come una candela", si è ammalata e qualche anno dopo se ne andata.

"Ho sempre avuto tutti contro - ammette -. Ma se non fossi andato avanti per quella strada avrei avuto contro Beppino Englaro e questa sarebbe stata la mia fine. Invece sono sempre stato e sono tuttora in pace con me stesso: ho liberato mia figlia".

E da allora, riconosce Beppino, "l'opinione pubblica è andata avanti e ha una maggior sensibilità" verso certi temi e adesso c'è anche "la legge sul fine vita". Questa legge, ammette Englaro, è nata anche grazie al "gran contributo" dato dal caso di sua figlia: "Ha una impostazione nella sostanza giusta. Certo ci sono questioni burocratiche da superare, ma consente finalmente di esercitare la libertà di autodeterminazione".