"Marco è morto e queste persone che hanno ucciso mio figlio la fanno franca". La voce di marina, la madre di Marco Vannini, il 20enne ucciso a Ladispoli con un colpo di pistola in casa dei genitori della sua fidanzata, è rotta dalla rabbia. Non riesce ancora a credere che in secondo grado la pena ad Antonio Ciontoli, che ha sparato a suo figlio, sia stata ridotta da 14 a 5 anni sonoro. "La vita di Marco non vale cinque anni di carcere", sottolinea la donna in un'intervista a News Mediaset.
Nei prossimi giorni la giorni la famiglia Vannini verrà ricevuta dal ministro della giustizia Alfonso Bonafede che, dopo aver esaminato il caso, ha deciso di ascoltarla. "Gli dirò che ci sono tanti elementi nell'inchiesta che non sono stati presi in considerazione", spiega Marina. Tra le cose che non tornano, per la madre di Marco, c'è il luogo dello sparo. Secondo la ricostruzione degli inquirenti il figlio era nudo nella vasca da bagno quando è entrato Antonio Ciontoli, il padre della fidanzata, che ha preso la sua beretta calibro 9 e ha premuto il grilletto. Possibile che le altre persone che erano in casa non abbiano sentito gli spari e nessuno si sia accorto di nulla?
Poi ci sono le intercettazioni dei carabinieri e quella voce di Martina, la fidanzata di Marco, che dice: "Ho visto quando papà gli ha puntato la pistola e gli ha detto: ti sparo". Secondo i genitori di Marco una prova evidente della sua presenza sulla scena del crimine. "E poi non è stato fatto lo scrab a tutti", precisa Marina, "la casa non è stata sequestrata. Ci sono troppi buchi neri".
I genitori di Marco sono distrutti dal dolore, ma non intendono mollare. Se la Cassazione non dovesse ribaltare la sentenza d'appello, loro sono pronti a rivolgersi alla Corte europea per i diritti dell'uomo. "Vogliamo giustizia", conclude la madre, "e Marco in questo momoento è il simbolo di una giustizia inesitente".