BUFERA

Venezuela, ultimatum Ue: "Elezioni subito" | Conte: "No a interferenze" | Ma Moavero: "Stiamo con Bruxelles"

La Russia accusa gli Usa di tentato golpe contro Maduro, che respinge l'aut aut dell'Europa e avverte: "Fermeremo Washington"

© -afp

E' bufera politica intorno al caso Maduro. Mentre a Caracas cresce la tensione tra il governo e l'opposizione di Juan Gaudiò, che si è autoproclamato presidente, l'Ue chiede che i venezuelani tornino a votare subito oppure riconoscerà la nuova leadership. In Italia Conte afferma che sia necessario che si svolgano nuove elezioni ma senza ingerenze. Moavero invece dice di condividere la posizione di Bruxelles. Intanto Maduro ha respinto l'ultimatum.

Il premier Giuseppe Conte ha sottolineato infatti "la necessità di una riconciliazione nazionale e di un processo politico che si svolga in modo ordinato e che consenta al popolo venezuelano di arrivare quanto prima a esercitare libere scelte democratiche. L'Italia sta con il popolo venezuelano e auspica per esso migliori condizioni di vita politica, sociale ed economica". In questo momento, ha spiegato, "è di fondamentale importanza scongiurare un'escalation della violenza all'interno del Paese e al contempo cercare di evitare che il Venezuela, attraverso l’impositivo intervento di Paesi stranieri, possa diventare terreno di confronto e divisioni tra attori globali".

Dal canto suo il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi ha detto: "Ci riconosciamo pienamente nella dichiarazione comune che gli Stati membri dell'Ue hanno diffuso sulla situazione in Venezuela, alla redazione della quale abbiamo partecipato. Chiediamo una vera riconciliazione nazionale e iniziative costruttive che scongiurino sviluppi gravi e negativi, assicurino il rispetto dei diritti fondamentali e consentano un rapido ritorno alla legittimità democratica, garantita da nuove elezioni libere e trasparenti".

Lady Pesc: "Posizione Ue coordinata con Conte" - L'Alto rappresentante di politica estera e sicurezza Federica Mogherini "ha coordinato la posizione Ue" sul Venezuela "con contatti con i premier spagnolo e italiano Pedro Sanchez e Giuseppe Conte", più "il ministro degli Esteri dell'Olanda Stef Blok e rappresentanti senior dei governi di Francia, Germania, Italia, Spagna e Gran Bretagna". Lo rende noto un portavoce della Mogherini.

Ultimatum di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna - L'ultimatum era arrivato prima da Francia, Germania, Regno Unito e Spagna, che avevano lanciato il loro messaggio forte e chiaro al presidente Nicolas Maduro: nuove elezioni siano convocate entro otto giorni oppure sarà riconosciuto l'oppositore Juan Guaidò come presidente del Venezuela, perché organizzi il voto. "Se entro otto giorni non saranno convocate elezioni giuste, libere e trasparenti, la Spagna riconoscerà Juan Guaido come presidente" perché "convochi elezioni", aveva dichiarato davanti alla Moncloa il premier spagnolo, Pedro Sanchez, il primo a lanciare l'aut aut. Pochi minuti dopo, analogo messaggio è stato diffuso su Twitter dal presidente francese, Emmanuel Macron, poi dalla portavoce del governo di Berlino, Martina Fietz, e dal ministro degli Esteri di Londra, Jeremy Hunt, cui hanno infine fatto eco Portogallo e Olanda. L'intimazione europea è stata fermamente respinta da Caracas: "Nessuno ci darà ultimatum o ci dirà se ci saranno o meno elezioni", ha detto il ministro degli Esteri, Jorge Arreaza.

Ue: "Al voto subito" - Anche l'Unione europea ha poi fatto sapere che "prenderà nuove misure" se elezioni non saranno convocate "nei prossimi giorni" in Venezuela, anche per quanto riguarda "il riconoscimento della leadership" del Paese. Venerdì sera gli Stati membri dell'Ue non sono riusciti a trovare accordo su una "dichiarazione comune" con cui chiedere elezioni veloci a Caracas, in mancanza delle quali riconoscere Guaido, secondo fonti diplomatiche. La Spagna e varie altre nazioni avevano giudicato il testo "troppo debole nella formulazione" ed erano state confermate divisioni. Anche legate alla Grecia, dove il partito al potere continua ad appoggiare Maduro.

Un Paese spaccato - Mercoledì, dopo l'autoproclamazione di Guaido, 35enne presidente del Parlamento venezuelano, come "presidente ad interim" del Paese, l'Ue si era limitata a chiedere elezioni "libere" nel Paese. Usa, Canada e la maggior parte dell'America Latina hanno già riconosciuto l'oppositore come presidente ad interim, mentre la Russia ha apertamente sostenuto Maduro e la Cina ha denunciato le "ingerenze esterne". La prudenza dell'Ue è stata rimessa in gioco dal capo della diplomazia britannica, Jeremy Hunt, per cui Guaido è "la persona giusta per far avanzare il Paese", esprimendo appoggio a Usa, Canada, Brasile e Argentina ma non arrivando a riconoscerlo.

Maduro rigetta ultimatum Ue - Il Venezuela di Nicolas Maduro ha categoricamente respinto l'ultimatum lanciato dall'Ue. "Nessuno ci darà le scadenze o ci dirà se le elezioni devono essere indette o no", ha ribadito il ministro degli Esteri venezuelano Jorge Arreaza. "Chi sei tu per dare un ultimatum a un governo sovrano?" "Questa è un'ingerenza infantile", ha aggiunto in una riunione del Consiglio di sicurezza.

Russia contro Usa - Nel frattempo, al Palazzo di vetro la Russia ha invano tentato di impedire una riunione del Consiglio di sicurezza Onu sulla situazione, denunciando un "tentativo di golpe" degli Usa. Il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha invece invitato a opporsi a Maduro, riconoscendo Guaido e "slegando i propri sistemi economici dal governo di Maduro".

Caracas sospende ordine di uscire dal Paese a personale Usa - Il governo venezuelano ha sospeso l'ordine in precedenza dato al personale diplomatico Usa di lasciare il Paese entro 72 ore. Lo ha detto il ministero degli Esteri di Caracas, affermando che colloqui sono in corso per la creazione di una sezione di interessi americana, e che quindi il personale statunitense può restare mentre vanno avanti questi contatti. I colloqui, spiega la nota, potranno al massimo durare 30 giorni e se non ci sarà stato alcun risultato al termine, lo staff americano dovrà lasciare il Venezuela. L'amministrazione Trump aveva già respinto l'ordine, affermando che Nicolas Maduro, che lo aveva impartito, non è più il legittimo presidente del Venezuela.