Uno dei principi cardine dell'investigazione moderna, che Giovanni Falcone imparò dall'Fbi e utilizzò con profitto, si basa sul semplice ma efficace concetto del "seguire il denaro". Una regola che si può estendere anche ad altri campi, come quello delle delicate relazioni diplomatiche tra gli Stati Uniti e la Cina che ha visto al centro di una triangolazione con il Canada l'arresto, e la richiesta di estradizione, di Meng Wanzhou, direttore finanziario di Huawei accusata di aver violato l'embargo contro l'Iran. Ma dov'è il vero interesse economico che si nasconde dietro proclami e prese di posizione da spy story? Un indizio arriva dalla stessa Cina, dove Huawei ha presentato i dati per il 2018: le vendite dei suoi smartphone sono aumentate del 50% raggiungendo i 52 miliardi di dollari, equivalenti alla metà di quanto faccia la compagnia con tutto il resto (109 miliardi di fatturato). L'obiettivo, per il 2019, è chiaro: diventare il numero uno al mondo, superando Samsung dopo aver già scavalcato Apple.
Proprio Apple appare in un momento di difficoltà risentendo, come non mai, di un "dopo Jobs" che ha fatto del consolidamento e non dell'innovazione l'arma preferita. Apple, dato non trascurabile, è americana nell'animo, ma produce in Cina i suoi dispositivi. Non solo: durante il Mobile Congress World di Barcellona del prossimo febbraio, la fiera più importante al mondo per cellulari e dispositivi mobile, Huawei ha annunciato che presenterà il primo smartphone in 5g pieghevole, anticipando di fatto le mosse di quasi tutta la concorrenza.
Ma il mercato "consumer" è solo una fetta dell'enorme torta che in molti aspettano di assaggiare. Huawei ha sollevato ufficialmente anche il sipario su quello che, volente o nolente, sarà il futuro non solo della telefonia mobile, ma in genere delle telecomunicazioni, ossia il 5g.
Huawei ha presentato un chipset proprietario, il Balog 5000, che verrà inserito in tutti i suoi smartphone ma che potenzialmente può essere utilizzato da qualsiasi apparecchiatura per trasformarla in un dispositivo connesso alla rete più veloce in circolazione. Il tutto eliminando ogni "intrusione" esterna, ad esempio l'americana Qualcomm che fino ad ora ha prodotto parte dei componenti utilizzati nei dispositivi della casa cinese. Oltre il Balog ecco l'altro chipset proprietario, il Tiangang che creerà delle "base station" per utilizzare la potenza del 5g in reti casalinghe o no, oltrepassando i limiti fisici, ad esempio, della fibra ottica. Insomma, banalmente un modem che sfrutta la rete dei cellulari. Immaginate una città italiana che abbia un segnale 5g ma non il cablaggio di internet ad alta velocità: con queste base station sarà possibile, in pratica, avere in casa una rete capace di far impallidire ogni adsl oggi esistente.
E' l'internet delle cose, un futuro che appare sempre di più un concreto presente e che allarga gli orizzonti sotto molti ambiti, non strettamente legati agli smartphone. Con una rete 5g, dieci volte più veloce di quella 4g attuale, non solo si può scaricare un film di oltre un giga in 3 secondi, effettuare uno streaming a 8k (la nuova frontiera dell'alta definizione) ma anche permettere all'automotive di avere automobili intelligenti sempre più performanti, oppure essere in grado di operare a distanza un paziente sfruttando la mancanza totale di latenza tra il gesto del chirurgo collegato ad un robot magari posto su di una ambulanza che sta trasportando il paziente a tutta velocità. Applicazioni che Tgcom24 ha potuto tastare con mano durante un viaggio in Cina nei quartieri di sviluppo di Huawei, già lo scorso anno, in un ambiente "protetto" ma perfettamente corrispondente a quella che probabilmente sarà realtà nel giro di pochi mesi. Chiaro che una infrastruttura del genere non solo presenta una potenzialità commerciale praticamente infinita, i famosi soldi da seguire, ma anche, legittimi, dubbi di sicurezza in base a chi possa accedere eventualmente ai dati in circolazione e alla stessa infrastruttura.
Huawei, da questo punto di vista, è un passo avanti a tutti, perché non solo i chipset sono sviluppati e fabbricati internamente, ma anche la stessa infrastruttura, ossia dove il segnale 5g verrà erogato. Ricevitore e ricevente. Banalmente, le antenne che si trovano sui tetti dei palazzi e che in un futuro prossimo, come a Shanghai Tgcom24 ha potuto "ammirare", diventeranno così piccole da poter essere attaccare ai pali della luce. E già ora la tecnologia Huawei è nelle nostre antenne italiane: se qualcuno ne aprisse una, troverebbe dentro il logo della compagnia cinese.
Insomma, il colosso cinese non solo vende molti più smartphone della concorrenza, ma si appresta anche a "colonizzare" il 5g con i suoi prodotti, sia per i consumatori sia per le infrastrutture, producendo da sola tutta la tecnologia necessaria. Abbastanza logico, quindi, che una guerra commerciale di questa portata si combatta con ogni arma: possiamo ipotizzare che l’arresto del direttore finanziario e la conseguente crisi diplomatica sia un modo per fare pressione sulla compagnia in chiave protezionistica da parte degli Usa? Non certo fantapolitica. Ed ecco che il filo rosso che collega un arresto di un dirigente di un'azienda cinese in Canada e le vetrine, virtuali o no, dei negozi di telefonia del prossimo Black Friday appare visibile. Anche ad occhio nudo.