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Oms: "Non è vero che i migranti portano malattie. Una porzione significativa contrae qui l'Hiv"

Altro falso mito è che siano sempre più numerosi, mentre nei 54 Paesi compresi nell'area dell'Oms-Europa sono appena il 10% della popolazione

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Quello che "i migranti portano le malattie" è un falso mito, mentre è forte il rischio che la loro salute peggiori una volta arrivati nei Paesi di destinazione a causa delle cattive condizioni in cui vivono. E' quanto evidenzia il primo primo "Rapporto sulla salute dei migranti e dei rifugiati in Europa" dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che invita i governi a "non alimentare preoccupazioni". C'è, ad esempio, una evidenza crescente che una porzione significativa di migranti e rifugiati sieropositivi abbia acquisito l'infezione dopo essere arrivato. Altro falso mito è che siano sempre più numerosi, mentre nei 54 Paesi compresi nell'area dell'Oms-Europa sono appena il 10% della popolazione (in alcuni Paesi europei la popolazione pensa che siano 3 o 4 volte di più).

Il documento, realizzato in collaborazione con l' Istituto Nazionale Salute, Migrazioni e Povertà (INMP) italiano, si basa sui dati di oltre 13mila documenti raccolti nei 53 paesi che fanno parte della regione Europa dell'Oms, che si estendono a est fino alla Russia e alla Turchia.

I migranti non sono veicolo di malattie 'esotiche' come Ebola o qualche altro virus particolare, ma neanche di quelle più note come tubercolosi o Hiv, di cui non si registrano contagi alla popolazione residente. Al contrario, dal punto di vista sanitario, la salute dei migranti che arrivano è buona. Il rischio di malattie non trasmissibili, come tumori o problemi cardiaci, è più basso che nella popolazione generale, ma aumenta all'aumentare del periodo di permanenza a causa del mancato accesso ai servizi sanitari e delle condizioni igieniche spesso insufficienti. Risulta invece più alto il tasso di ansia e depressione, con soprattutto i minori ad alto rischio di sindrome da stress post traumatico.

Se si guarda all'Hiv, ad esempio, il documento riporta che "anche se si stima che circa il 40% dei nuovi casi di Hiv nell'Unione Europea sono in persone nate in altri Paesi, c'è una evidenza crescente che una porzione significativa di migranti e rifugiati sieropositivi, incluso chi viene da Paesi ad alta prevalenza, abbia acquisito l'infezione dopo essere arrivato". Anche quando arrivano persone con infezioni, sottolinea Santino Severoni, coordinatore del programma Oms Europa sulla migrazione e la salute, l'evento è così sporadico che non costituisce un problema per la salute pubblica, come dimostra il fatto che non si è mai registrato un contagio alla popolazione residente, a dispetto delle bufale che circolano ogni giorno. "Le difficoltà non sono di oggi, le registriamo già da diversi anni, da quando l'immigrazione via mare è entrata nella discussione politica - afferma l'esperto -. Senza entrare nelle scelte politiche delle singole nazioni, che non ci competono, possiamo dire però che da parte di alcuni governi c'è una sensibilità che distoglie l'attenzione dai fatti, si alimentano preoccupazioni che poi i dati reali smentiscono".

La chiave per far sì che la situazione non peggiori, conclude il documento, è però che si garantisca l'assistenza sanitaria ai migranti. "La prevenzione rimane l'arma migliore - ha ricordato Zsuzsanna Jakab, che dirige l'Oms Europa - per garantire la salute sia di chi arriva sia della popolazione residente". "In questo - aggiunge Severoni - il nostro Paese è tra i migliori. Nel tempo in Italia sono stati trovati nei migranti un po' tutti i problemi di salute, ma sono stati gestiti in maniera ottimale grazie al fatto che è stata garantita l'assistenza sanitaria - spiega -. Questo è un concetto valido in generale, gli interventi di salute pubblica in cui si escludono gruppi sono fallimentari, mentre l'assistenza universale è vincente".

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