Commissioni di performance: cosa sono e come funzionano
Chi ha già investito in fondi comuni conosce le commissioni di performance. Nella maggior parte dei casi, però, l’investitore non è pienamente consapevole dei costi a cui va incontro scegliendo i fondi comuni, perché spesso le commissioni sono poco chiare e nascoste in strutture di remunerazione opache.
Cosa sono
Un investitore deve tenere in considerazione alcune voci di costo: le commissioni di sottoscrizione, le spese correnti annue e le commissioni di performance. Queste ultime sono commissioni prelevate dalle società di gestione in base ai risultati conseguiti dal fondo, quindi all’overperformance ottenuta rispetto al benchmark di riferimento. Sono costi difficilmente quantificabili nel momento dell’investimento e rappresentano un aspetto lesivo per i rendimenti dei risparmiatori.
Le regole
Le commissioni di performance sono interessate da una
regolamentazione variabile a seconda dei Paesi di domiciliazione. A livello europeo si registrano ancora rilevanti
disomogeneità di trattamento. Come rilevato dal Centro Studi di
Moneyfarm, che ha dedicato un approfondimento proprio sulle performance fees, in Italia si applicano le regole imposte da Bankitalia, che in merito ha introdotto norme molto stringenti. Molte case di gestione, però, riescono ad aggirare i paletti normativi a tutela del risparmiatore, costituendo
fondi di diritto estero, soprattutto in Irlanda e Lussemburgo.
Le masse di denaro
Su circa
1.000 miliardi di euro investiti complessivamente in fondi comuni e Sicav, oltre
300 miliardi risultano investiti in fondi di diritto estero, gestiti però da società italiane, come riportato dalle
relazione annuale
2018 di Assogestioni. Parliamo dei cosiddetti fondi roundtrip, domiciliati in Irlanda e Lussemburgo, dove la legislazione garantisce
maggiori libertà nello stabilire il prelievo delle commissioni di gestione anche per i fondi commercializzati in Italia.
Il costo per l’investitore
A titolo esemplificativo, prendiamo come esempio un investimento in un fondo per la durata di 2 anni, con un importo di
100mila euro. Il fondo è domiciliato in Italia e le
commissioni di performance annuali sono pari al 20 per cento dell’over-performance registrata rispetto ad un benchmark di riferimento, in questo caso l’Euribor a 3 mesi, attualmente negativo. Ipotizziamo che la quota abbia un rendimento
Se il fondo è domiciliato all’estero
La situazione varia, in negativo per l’investitore, nel caso il fondo sia
domiciliato all’estero. In questo caso le
commissioni di performance sono sempre pari al 20 per cento, ma nonostante il fondo abbia avuto un rendimento negativo nel primo anno d’analisi, l’investitore ha dovuto ugualmente corrispondere le
commissioni di incentivo per le performance relative ai singoli trimestri che sono andati in positivo. Aggiungendo le commissioni per l’anno seguente, si raggiungerebbe la somma di 5mila euro.
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