Alzi la mano chi è stato un ragazzo negli anni ’80 e non conosce Commodore. Il produttore americano, nell’epoca del boom degli Home Computer era sulla bocca, e sotto ai polpastrelli, di tutti gli adolescenti (e anche, in qualche caso, dei loro genitori più “tecnologicamente avanzati”). Computer iconici come il VIC-20 e, soprattutto, il Commodore 64, vera e propria palestra per milioni di giovani, simbolo di un’informatica finalmente per tutti e croce e delizia di genitori che lo acquistavano per i figli “per studiare”, e che irrimediabilmente diventava per lo più una macchina da gioco.
Commodore è tornata alla ribalta qualche anno fa grazie all’iniziativa di un gruppo di italiani capitanati da Massimo Canigiani, Carlo Scattolini e Paolo Besser che, fondata la Commodore Business Machines (riprendendo il nome originale dell’azienda americana) e una volta acquisiti i diritti sul marchio, produsse una serie di smartphone ben curati dal punto di vista tecnologico e dall’innegabile fascino nostalgico. A questa iniziativa è però seguita una contesa legale proprio sui diritti, risolta in favore di Commodore Business Machines: è notizia di qualche settimana fa, infatti, che l’EUIPO (European Union Intellectual Property Office) ha rigettato le richieste di due holding - Polable e C=Holding BV - assegnando in maniera definitiva il marchio figurativo (la classica “C” seguita da una bandierina, conosciuta anche come “Chicken Head”) al team italiano.
“Gli stessi membri del team originale di Commodore erano a favore del nostro progetto” - confida Canigiani. “La nostra idea non è mai stata quella di creare prodotti speculativi, ma device minuziosamente curati a livello stilistico, ingegneristico e caratterizzati da una forte ottimizzazione del software”. Purtroppo. la disputa legale ha frenato i progetti di CBM, al punto che dell’ultimo prodotto commercializzato, il LEO, è stata rallentata la produzione proprio in attesa che il contenzioso venisse risolto. Ora che tutto è andato nel migliore dei modi, i lavori possono riprendere spediti, andando a soddisfare la “voglia di Commodore” di migliaia e migliaia di utenti nel mondo.
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David Pleasance, uno dei manager storici di Commodore, ha apprezzato il suo PET.
“Solo sui social oltre 4 milioni di fan sono legati a Commodore: il PET, il nostro primo smartphone, ha venduto in tutto il mondo, dalla Turchia alla Giamaica, e addirittura un acquirente di Teheran ci ha costretti a fare veri e propri salti mortali per poter consegnare il prodotto a destinazione”, commenta Canigiani, che prevede per la sua creatura molte opportunità nel futuro grazie all’interesse mostrato da diversi investitori internazionali, ora che il contenzioso si è finalmente concluso. “Siamo produttori iscritti a GSMA da quattro anni, siamo stati capaci di portare in Italia un marchio di grande forza e il nostro sogno è quello di creare molti posti di lavoro per i giovani italiani, contribuendo a limitare la fuga delle professionalità più brillanti e promettenti verso l’estero. Il successo della nostra impresa deve partire da innovazione tecnologica e cura del prodotto, garantite da uno staff altamente preparato, capace di guardare a nuove categorie merceologiche per espandere il marchio”. E proprio a questo scopo, Commodore Business Machines è aperta a collaborazioni e joint venture con altre aziende, sia estere che da ricercare tra i migliori marchi del Made in Italy. Il tutto con lo scopo finale di portare Commodore nel futuro. Scopriremo di più nei prossimi mesi, quando verrà annunciato il prossimo device di Commodore Business Machines.