Contaminazioni. Cultura e identità. Tradizione e domotica applicata. Vinilia Wine Resort è tutto questo, ovvero l’espressione pop di un’idea di viaggio applicata a un gusto sofisticato in una veste apparentemente informale. È un castello, un’antica dimora degli inizi del ‘900, è la storia del sogno di due sorelle, Marika e Simona Lacaita, ed è l’evoluzione di un’attitudine, quella di una famiglia del sud che tiene a valorizzare le cose belle.
Vinilia si trova a Manduria, in contrada Scrasciosa, nel cuore del Salento, in Puglia, e il suo ristorante, Casamatta, rappresenta oggi la sfida enogastronomica più articolata di questo pezzo di Salento. La cifra del gusto è affidata allo chef Pietro Penna che, dopo essersi formato nella cucina di Sergio Mei al Four Season di Milano e dopo una lunga esperienza al fianco di Eric Briffard al George V, due Stelle Michelin di Parigi, è tornato in Puglia per dare un’anima gourmet a Casamatta. Qui propone una cucina di grande carattere, pulita, passionale e concreta. Sapori mediterranei con materie prime che arrivano dall’orto del Castello e prodotti sapientemente selezionati alla ricerca di gusto e piacevolezza che sono i protagonisti di una tavola in cui la tecnica francese dello chef viene messa al servizio della valorizzazione dei sapori.
Lo chef Pietro Penna racconta di sé e della sua passione nell'intervista al Tgcom24
Quando inizia la tua giornata tipo?
Alle 7 del mattino, tappa fissa al mercato ortofrutticolo poi mi reco nel nostro orto.
Una grande fortuna avere a disposizione la materia prima, cosa che non possono a vere la maggior parte delle volte gli chef di citta?
E’ verissimo, nel nostro orto abbiamo piantato cavolfiori, broccoli, finocchi, friggitelli, barbabietola fresca, menta, finocchietto selvatico, maggiorana, salva, nepitella, timo, puntarelle e in alcuni periodi dell’anno posiamo sfruttare le erbe spontanee e le cicorie selvatiche.
La tua brigata da quante persone è composta?
Sei persone pasticceria compresa, siamo però in attesa di ingaggiare un altro pasticcere.
Tre aggettivi per descrivere la tua cucina
Concreta, passionale, bizzarra. Bizzarra perché a volte faccio accostamenti inconsueti, a volte scontati ma molto determinanti dal punto di vista gustativo che fanno spiccare in un piatto un gusto deciso.
Un piatto che avresti voluto inventare?
La pommes vert di Frédéric Anton. Lui è un tre stelle Michelin. Perché è un piatto molto scenografico ma che dà comunque una concretezza anche in termini gustativi che forse a volte nella scenografia un po’ si perde.
Un ingrediente sopravvalutato, di cui si potrebbe fare a meno ma che ormai tutti usano?
La barbabietola, non se ne può più, è da eliminare.
Qual è il primo piatto che hai cucinato e per chi?
Il primo piatto è stato un aglio olio e peperoncino per una prova menù quando ero ancora molto giovane. È stato uno di quei piatti in cui sono stato messo alla prova dai miei maestri.
Un ingrediente di cui non potresti mai fare a meno nella tua cucina?
Il cipollotto.
Se la tua cucina fosse una canzone o un film quale sarebbe?
Un film, “Top Gun”. Perché è una cucina determinante e pronta a dare il meglio nel momento della difficoltà, una cucina che a volte entra in emergenza.
Chi è il tuo critico personale più difficile da soddisfare?
Certamente mia mamma, mia moglie è puntigliosa, ma solo su alcune cose.
Se non avessi fatto lo chef che cosa avresti fatto?
Avrei fatto il pilota, ecco il perché di “Top Gun”.
Per il proprio curriculum professionale quanto tempo è utile rimanere in in una cucina di un ristorante prima di cambiare?
Oggi il primo errore che un cuoco possa fare è andare a fare esperienze molto brevi, di uno, tre, cinque mesi… A mio avviso il tempo minimo che un cuoco deve trascorrere in un posto per imparare qualcosa sono 18/20 mesi.
Parlaci di un tuo difetto.
La sensibilità, sono troppo sensibile. Questa caratteristica mi rende difficile trovare la tranquillità che mi permetta di arrivare a fine giornata senza alterazioni d’umore.
L’ultima cosa che pensi prima di chiudere gli occhi la sera?
Ahimè sempre il lavoro.
La televisione gioca adesso un ruolo molto importante, c’è stata e c’è ancora una grandissima attenzione alla figura degli “ Chef Star” rendendoli forse troppo celebri facilmente, mentre risulta sempre in secondo piano la figura del cameriere, cosa ne pensi?
Il maggior problema dei ristoranti è la sala. Mi auguro che si dedichi la giusta attenzione al servizio, un buon servizio viene ricordato per sempre. Un piatto buono lo si ricorda per sempre, un piatto cattivo alla stessa maniera, ma è il servizio che fa la differenza. Io ancora ricordo il servizio del ristorante di Frédéric Anton, Io ancora lo ricordo. Eravamo in sette al tavolo, che già per uno stellato è un numero piuttosto alto. Ma è stato come stare in un museo davanti ad un’opera d'arte, è stato tutto perfetto.
Conquistare la stella Michelin per un ristorante è ancora così importante?
Io credo che noi chef dovremmo sempre tenere a mente che innanzitutto lavoriamo per soddisfare il cliente e questa deve essere la priorità. Dietro allo chef stellato ci sono meccanismi ed equilibri che forse non sono sempre necessari e spesso poco chiari. La nostra azienda ha deciso di fare una scelta che premiasse la qualità mantenendo un discreto rapporto di food cost, che è quello che permette di mantenere uno scontrino medio adatto anche alle famiglie.
Per apprezzare al meglio l'arte dello Chef Pietro Penna, tutti i passaggi di una ricetta di sua creazione "Fave, foglie e cotica croccante".
INGREDIENTI:
Per la crema di cima di rapa - 500g rape; 2 spicchi di aglio; 50g di cipollotto; 2 filetti di acciuga; 1 peperoncino; 10g di succo di limone;
Per la cicoria selvatica - 500g cicoria selvatica; 50g cipolla; olio Evo; 2 litri brodo vegetale; 1 aglio rosso; 30g pomodoro secco
Per la purea di fave - 500g fave secche; 30g cipolla; 70g sedano verde; 80g infuso olio alle erbe
Per la cotica - 200g cotica; 3 litri di acqua; 1 litro olio di semi;
Per i pomodori confit - 10 pomodori invernali ciliegino; 50g olio; 1 aglio; 10g prezzemolo; 10g rosmarino; 8 g salvia; sale grosso; 3 zeste arancio; 3 zeste limone;
PROCEDIMENTO
Sbiancare le rape in abbondante acqua salata, raffreddare in acqua e ghiaccio, successivamente tenere da parte 8 cime per la guarnizione. Far sudare il resto insieme agli altri ingredienti, frullare e conservare al freddo.
Per la cicoria selvatica - Sbiancare la verdura ben pulita, raffreddare, unire la cipolla, aglio, olio, pomodoro secco, brodo vegetale e terminare dolcemente la cottura per circa un'ora.
Per la crema di fave - Rosolare la cipolla e il sedano, unire le fave, bagnare con il brodo, terminare la cottura e frullare rendendo il composto liscio.
Per la cotica - Sbiancare in abbondante acqua salata per 2 ore, raffreddare, seccare al forno per 6 ore a 80°C.Friggere a 160°C sino al completo rigonfiamento della stessa, fino a quando risulterà leggera e croccante.
Per i pomodori confit - Unire tutti gli ingredienti e portare costantemente a 60° per due ore.
Montare il piatto con alla base la crema di cima di rapa, posizionare tre mucchietti di cicoria selvatica, le fave. Terminare il piatto con il pomodoro candito e le cime di rapa.
Vinilia Wine Resort - Contrada Scrasciosa - Manduria (TA)
Di Indira Fassioni